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Sophia un test per l’Ue. Un accordo bipartisan è nell’interesse nazionale

I tempi della politica sono troppo lunghi anche nei momenti di crisi. Non che sia facile, ma le decisioni diventano sempre più urgenti. Il caso della Libia dovrebbe essere uno di quelli per i quali l’interesse nazionale, che è anche l’interesse dell’intera Europa, dovrebbe prevalere. Sia voci da Bruxelles che quella autorevole del generale Claudio Graziano nella recente intervista a Formiche.net confermano le discussioni in corso sul rilancio della missione EunavforMed-Operazione Sophia per rimettere in mare le navi ferme da parecchi mesi.

Sarebbe un modo, forse l’unico, perché l’Unione europea dimostrasse una presenza fisica, sia politica che militare e quindi diplomatica, al tavolo dal quale è di fatto assente. Su Sophia sarebbe bene essere chiari e mettere al bando le contrapposte ipocrisie italiane che negli ultimi anni hanno fomentato le polemiche. La missione, comandata dall’ammiraglio Enrico Credendino, conta ora solo su alcuni aerei (unica missione navale senza navi) perché l’Italia con il governo Conte I chiedeva che venissero modificate le regole d’ingaggio in base alle quali i migranti raccolti dalle navi di Sophia vanno obbligatoriamente sbarcati in Italia: dovrebbe essere chiaro a tutti i partiti che si tratta di una richiesta fondata e che la nuova Commissione dovrebbe agire di conseguenza.

Nello stesso tempo, approfittare della crisi libica per usarla in campagna elettorale è un obiettivo talmente a breve termine da risultare controproducente. L’Italia sta perdendo la Libia da un paio d’anni, non solo con l’attuale esecutivo, e se vogliamo tornare minimamente credibili dobbiamo essere parte diligente a Bruxelles perché l’Ue, come si dice un po’ retoricamene, parli con una voce sola o almeno si renda conto che restando divisi si ottengono solo danni: influenza di Russia e Turchia, con alleati connessi; ingestibilità dei flussi migratori; maggiori rischi per il terrorismo.

Negli ultimi giorni sia dalla Lega che da Fratelli d’Italia non si è discusso nel merito, ma solo per slogan: Matteo Salvini ha ricordato che Sophia faceva sbarcare i migranti solo in Italia (è vero, le regole vanno cambiate, ma in tre anni e mezzo sono stati solo il 9 per cento del totale mentre il vero compito è stato controllare traffici illegali con sequestri e arresti e acquisire informazioni di intelligence) e Giorgia Meloni ha rilanciato il cavallo di battaglia del blocco navale come se fosse l’equivalente di quella missione. Bisogna insistere nello spiegare (ma la Meloni lo sa benissimo) che il blocco è impossibile e Sophia è tutt’altro: anche su Formiche.net replicammo su questo a un europarlamentare di FdI.

È evidente che un ritorno delle navi di Sophia comporterebbe un effetto deterrenza nei confronti dei trafficanti e degli Stati dell’area, ma non si potrebbe entrare nelle acque libiche senza la formale richiesta del governo di Tripoli come previsto dalla fase 3 della missione. Richiesta ancora più impossibile in questa fase di guerra. In ogni caso, finora i movimenti diplomatici sono stati dei singoli Stati, ma non dell’Unione europea in quanto tale. Se a Bruxelles si cominciasse a discuterne davvero e se l’Italia (tutta) facesse la propria parte, l’Ue riuscirebbe perfino a battere un colpo nel Mediterraneo.



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