Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, esponente del Pd e presidente dell’associazione Lavoro&Welfare, non è convinto dalle ipotesi di riforma del Fisco che stanno uscendo in questi giorni dai palazzi del governo. Troppo simili agli 80 euro di Renzi, nel senso che le ricette fino ad ora più citate escludono i redditi più bassi. “È sicuramente auspicabile intervenire come si sta facendo sul cuneo e dopo mettere mano anche alle aliquote”, premette l’esponente dem. “Per fortuna sembra sia superata l’idea del governo precedente di tornare sulla flat tax di Matteo Salvini che ho sempre ritenuto deleteria soprattutto per chi guadagna meno. Giusto invece partire destinando i tre miliardi stanziati dalla legge di bilancio per alleggerire la pressione fiscale sulle buste paga”.
La prima condizione è che il vantaggio si concentri sui lavoratori: “Le buste paga hanno perso terreno, come dimostra un recente studio dell’European trade union institute. Nel periodo tra il 2000 e il 2009 il potere di acquisto dei lavoratori in Italia è cresciuto del 7,4% a fronte di un aumento de 109,9% in Romania, tra il 2010 e il 2017 in Italia è diminuito del 4,3% a fronte di una crescita del 55% in Bulgaria”. Per questo Damiano approva la scelta di Confindustria di non chiedere di riservare parte del taglio del cuneo alle imprese. Gli industriali “hanno saggiamente condiviso l’idea di un vantaggio esclusivo per i lavoratori anche perché si tratta di una scelta che indirettamente avvantaggia le imprese”.+
Resta da stabilire a chi indirizzare il vantaggio fiscale. La posizione di Damiano si distanza dalle ipotesi del governo, ma anche dalle indicazioni date dai sindacati. “Non bisogna escludere, come era già stato fatto con il bonus Renzi di 80 euro, i cosiddetti lavoratori incapienti, chi cioè guadagna meno di 8,200 euro all’anno, fino a 650 euro al mese, e quindi non paga imposte”.
Anche a questi lavoratori “andrebbe riconosciuto un bonus che non può quindi essere proposto come detrazione fiscale, visto che gli incapienti non pagano tasse”. Una delle obiezioni a questa tesi è che per i redditi più bassi l’attuale governo abbia varato il reddito di cittadinanza. “Tesi che non mi convince”, spiega l’esponente Pd. “Ed è un po’ come dire ai nostri giovani di lavorare in nero e prendere il reddito di cittadinanza. Inutile poi sorprendersi se ci sono delle irregolarità nell’utilizzo del reddito”. C’è poi la fase successiva, con la rimodulazione delle aliquote. “Si tratta di capire come verrà fatta, a vantaggio di chi. Sono modelli matematici che devono fare i conti con una scelta politica. Io ritengo comunque che vadano privilegiati i redditi medio bassi, facendo i conti con le risorse a disposizione”.