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Presidenzialismo minimo per rilanciare l’economia

Il dibattito sulle riforme istituzionali è soltanto all’inizio. Saggi a parte, a rilanciare la partita sono stati due uomini politici che non temono certo il cambiamento: Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Entrambi sostengono, infatti, un rafforzamento del peso elettorale dei cittadini, sebbene non s’intendano sul rimedio migliore da adottare. Il Cavaliere approva l’elezione diretta del capo dello Stato, per completare così la rivoluzione avviata con l’intesa sul governo Letta. Il sindaco di Firenze ripete, invece, che è sufficiente cambiare la legge elettorale, con un sistema simile a quello che vota adesso i municipi.

L’obiettivo sostanziale

Un’inutile divergenza. In effetti, l’essenziale è portare la gente a sentirsi protagonista attiva della politica, a prescindere dalla forma di Governo che si predilige. E poiché il fronte dei contrari è strisciante e trasversale, e la guerra di posizione rischia di spegnere ogni buona volontà, il presidenzialismo dovrebbe restare un obiettivo prioritario, essendo supportato oltretutto da argomenti di sostanza che spingono senza dubbio a tale soluzione.

Lo scollamento politica – società civile

Basta guardarsi attorno per vedere ovunque il radicale scollamento degli organismi rappresentativi, siano essi locali o centrali, dalla vita delle persone. Il fenomeno fino a dieci anni fa coincideva con il dualismo politico di centrodestra e centrosinistra. L’alternanza ha funzionato, in realtà, fin quando l’economia avanzava, e l’apparato politico e amministrativo era sufficientemente forte da sostenere Prodi o Berlusconi. Poi crisi, debito, Europa e banche ci hanno messo in ginocchio, lasciando il Paese sotto i colpi di una magistratura indomita e di una comunità nazionale spenta e rattrappita.

Il primo passaggio obbligato

All’Italia oggi non basta il governissimo, non basta la riforma della legge elettorale e non basta neanche avere qualche politico tra i tanti in grado ancora di raccogliere un consenso. La soluzione deve venire dal vertice. Il primo passaggio obbligato è collocare la democrazia alla sommità della Repubblica, perché alla base vi è la percezione ormai che lo Stato sia un esattore unico di privilegi. Il presidenzialismo, in questo senso, è una terapia in funzione non tanto dei poteri di decisione del Governo quanto del superamento della distanza tra Stato e società. Dando al popolo il diritto di eleggere chi rappresenta tutti, si dà al popolo stesso la responsabilità e il controllo dei poteri pubblici non elettivi, come la magistratura e la difesa.

Il presidenzialismo minimo

Anche l’economia, d’altronde, ha bisogno di motivazioni, e le motivazioni affiorano soltanto se i cittadini sono i primi attori nella scelta di chi, per un certo tempo, presiede al bene comune. A tal fine può bastare un semipresidenzialismo o solo un presidenzialismo minimo, nel quale il capo dello Stato abbia perfino meno poteri di quelli che detiene già. Perché, a ben vedere, contro la crisi economica serve l’elezione diretta del presidente, e non un uomo della provvidenza che non c’è e mai arriverà.


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