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Significanti e significati del discorso di Luigi Di Maio. L’analisi di Antonucci

Il lungo discorso di Luigi Di Maio di fronte al popolo dei facilitatori del Movimento 5 Stelle ha costituito un momento rilevante nel percorso di transizione del M5S da movimento a partito. Nonostante le molte parole e il video dedicate a spiegare la specificità del movimento e le differenze rispetto ai partiti politici “novecenteschi” (sic), continua così il processo di trasformazione da movimento collettivo dotato di un leader ad una organizzazione collettiva, con attribuzione di funzioni sulla base di una specializzazione di competenze e con la selezione di un insieme stabile di individui dedicati. Siamo ben lontani dal modello di organizzazione di rete e di intelligenza collettiva mediante la connessione tra base e movimento, pure evocata nella parte introduttiva dell’incontro, prima delle dimissioni di Luigi Di Maio; e molto più prossimi all’area di istituzionalizzazione in partito politico.

Il discorso di Luigi Di Maio è stato per molti aspetti fuorviante, nella costante divergenza tra significanti, gli elementi formali (il gesto di slacciarsi la cravatta, l’abbraccio a Carelli e Crimi) e significati, intesi come il senso ultimo delle parole (il costante riferimento ai nemici interni, alle pratiche comportamentali non eticamente corrette di alcuni).

La sensazione lasciata al pubblico dei presenti doveva (voleva?) essere di ambivalenza: dire “non lascio il Movimento 5 Stelle”, ma al tempo stesso far intendere che lotte intestine e creazione di correnti interne sono il vero nemico con cui, da domani, Di Maio si potrà misurare senza gli onori e gli oneri della leadership. Altri verranno, nella transizione di Crimi e nella ricerca di nuovi modelli di guida politica, più o meno collegiali, ma il Ministro deli Affari Esteri lascia la sensazione di non voler dimenticare gli ultimi convulsi mesi dentro al governo e dentro al Movimento, lasciando intendere il tema con una chiarezza tutta riservata ai facilitatori e al resto della nascente organizzazione politica.

C’è da aspettarsi tempi interessanti per gli osservatori delle vicende interne al MoVimento, dopo l’addio di Luigi Di Maio.

Tuttavia, il discorso di Luigi Di Maio ha anche un effetto politico rivolto all’esterno, verso la dimensione istituzionale. Esso mette al riparo, almeno dal pericolo di divisione interna, la compagine governativa, spesso traballante per le divergenze interne ai Cinque Stelle, e tra questa guida politica del M5S e gli alleati, soprattutto di Italia Viva.

Con il sacrificio del capo politico Di Maio, parafulmine di scontenti politici legati alla suddivisione dei ruoli soprattutto nell’ultimo esecutivo, il Governo Conte 2 può beneficiare di un clima di maggiore distensione nella coalizione, dovuta, soprattutto, all’internalizzazione delle crisi e dei problemi del M5S, per la ricerca della nuova leadership. Così all’esecutivo guidato da Conte resta da fronteggiare “solo” l’esito delle prossime elezioni in Emilia-Romagna e Calabria, ormai vicinissime e con sondaggi non rassicuranti. Ma per questo aspetto, lo storytelling sulla resilienza del governo nazionale, anche in caso di sconfitte regionali dei partiti di coalizione è già partita da tempo.



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