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Huawei è il prossimo virus cinese. L’avvertimento del Times (e non solo)

“Huawei minaccia il rapporto più stretto dell’America”. Titola così il sito Axios.com raccontando il clima nel quale il premier britannico Boris Johnson si prepara a presiedere domani il National Security Council, il comitato di gabinetto chiamato a decidere sul ruolo che il colosso cinese potrà avere nella costruzione dell’infrastruttura 5G britannica. Secondo il Sunday Times, “Huawei è il prossimo virus cinese”.

Come abbiamo già raccontato su Formiche.net, il Regno Unito, a pochi giorni dalla Brexit, sembra essere indirizzato verso un’apertura a Huawei nonostante le molte pressioni arrivate nelle ultime settimane dagli Stati Uniti. L’ultima, quella del segretario di Stato americano Mike Pompeo che via Twitter ha ripreso un editoriale sul Mail on Sunday del deputato conservatore Tom Tungendhat, presidente della commissione Affari esteri alla Camera dei Comuni: “Il Regno Unito è davanti a una decisione importantissima sul 5G. Il deputato britannico Tom Tugendhat ha ragione: ‘La verità è che soltanto le nazioni in grado di proteggere i loro dati saranno sovrane’”. Il titolo dell’op-ed è molto netto, “Lasciare il controllo a Pechino è troppo rischioso”, e rivela un elemento decisivo: aprire a Huawei significa aprire a Pechino (il riferimento del deputato è alla National Security Law cinese che “obbliga cittadini e organizzazioni a fornire supporto e assistenza alle autorità di pubblica sicurezza militari e alle agenzie di intelligence”). Oggi, sempre il Mail, pubblica un articolo di Dominic Lawson, giornalista figlio dell’ex cancelliere Nigel, fedelissimo di Margaret Thatcher, dal titolo forse ancor più duro: “La sorprendente storia di come la cinese Huawei ha sedotto l’élite britannica – con la furia nostri alleati”.

In campo è sceso anche l’ex capo dello staff dell’ex premier Theresa May, Nick Timothy, che ha vergato un editoriale allarmato sul Telegraph: “Permettere a questa volpe cinese di entrare nel pollaio sarebbe un errore che segna la generazione”. E ancora: l’apertura a Huawei esporrebbe “le società britanniche al furto della proprietà intellettuale, i governi britannici al ricatto geopolitico e il popolo britannico a rischi economici e di sicurezza”.

A sottolineare come Huawei minacci il rapporto più stretto dell’America ci sono numerosi articoli. Della storia si occupano oggi anche il Financial Times e l’edizione internazionale del New York Times. La pressione statunitense è fortissima, nonostante il dipartimento del Tesoro e quella della Difesa stiano premendo sull’amministrazione per allentare la morsa: mercoledì, il giorno dopo l’incontro del National Security Council britannico, il segretario di Stato americano Pompeo è atteso a Londra. Venerdì il presidente Donald Trump ha telefonato al premier britannico Johnson ma molti commentatori dicono non sia ancora finita l’offensiva: occhio al suo profilo Twitter nelle prossime ore. Attivissimi da Washington anche il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin (che dei rischi di Huawei ha parlato anche a Davos), e il consigliere per la sicurezza nazionale Robert O’Brien. Un alto ufficiale dell’amministrazione statunitense ha spiegato ad Axios che la decisione avrà molte ripercussioni: “Non solo in termini di relazioni” tra Stati Uniti e Regno Unito “ma soprattutto per quanto riguarda i cittadini” britannici e la loro sicurezza.

Le parole più dure le ha pronunciate recentemente al Raisina Dialogue di Nuova Delhi il viceconsigliere per la sicurezza nazionale del presidente Trump, Matthew Pottinger, che di recente è stato anche a Londra: “Riuscite a immaginare una situazione in cui, negli anni Ottanta, Ronald Reagan e Margaret Thatcher si parlano e dicono: ‘Sai, penso che dovremmo far venire il KGB a fargli costruire tutti i nostri sistemi di telecomunicazione e di rete di computer perché offrono sconti eccezionali?”. Dalle sue dichiarazioni sembrano emergere due elementi. Il primo: Huawei è, per gli Stati Uniti, strettamente collegato ai servizi segreti cinesi. Il secondo: la Cina, come faceva l’Unione sovietica, prova a conquistare l’Occidente promettendo affari dietro i quali si nascondono inganni. 

L’amministrazione statunitense continua a sperare che Regno Unito e Germania decidano di bandire Huawei. Dei novi membri National Security Council, però, solo due sembrano ancora opporsi a Huawei. Per questo pare ormai sicuro che domani il premier britannico Johnson deciderà di aprire al colosso cinese applicando però un market share cap secondo il Financial Times, nonostante le pressioni di Washington che irritando Londra continua a chiedere un divieto totale. In questo senso vanno lette le parole del segretario alla Giustizia britannico, Robert Buckland, a BBC Radio 4: “La decisione sarà basata sul diritto sovrano di scegliere”. E ancora: “È il Regno Unito che dovrà convivere con le conseguenze” di questa scelta. 

La posizione del Regno Unito è simile a quella della Germania, altro Paese europeo chiamato a decidere nei prossimi giorni sul ruolo di Huawei nell’infrastruttura digitale del futuro: entrambi pensano sia possibile coinvolgere il colosso cinese in maniera sicura, distinguendo tra parti “core” (server e sistemi) e parti “edge” (antenne e stazioni). Ma questa distinzione non convince molto, anche perché Huawei spinge su Londra come su Bruxelles minacciando ritardi e su Berlino paventando rischi per il mercato dell’auto. 

E non convince neppure i servizi segreti italiani: quando la rete sarà completata, infatti, sarà praticamente impossibile scorporare i due elementi, spiega un alto funzionario a Formiche.net. Rischio che il governo di Londra è convinto di poter gestire nonostante gli avvertimenti dei suoi servizi segreti e le possibili ripercussioni sull’accordo commerciale post Brexit con gli Stati Uniti.

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