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Le regionali, la memoria e le occasioni perse. Il commento di Giacalone

Vince la continuità. Perde il superomismo. Scomparso il merito. In Calabria chi governa perde. Che l’avversario, oggi vincente, non sia estremista agevola e accelera. In Emilia-Romagna chi governa non perde da mezzo secolo. Che l’avversario sia un estremista agevola e ritarda.

I 5 Stelle vanno male alle regionali, ma questa volta non sono andati proprio. Il fenomeno è in esaurimento. Lento, ma neanche troppo. L’operazione assistenzialclientelare è andata come al solito: chi ha avuto ha in tasca meno del promesso e non ringrazia; chi ha pagato schiuma; chi ha guardato i propri soldi finire agli evasori fiscali rivaluta e riusa lo slogan grillesco di partenza, indirizzandoglielo. Il resto è fuffa demagogica frammista a un doroteismo ignaro di Dorotea.

Forza Italia scompare dove lo scontro si fa politico e nazionale, resiste dove i voti si raccolgono con logica locale. La crescita di Fratelli d’Italia segnala che il voto di destra che non ama o non abbraccia il salvinismo s’indirizza altrove rispetto a quanti appaiono a quello subordinati.

Salvini ha rinverdito l’errore più amato dai presunti leader: sollecitare un referendum su se stessi. Cresce restringendo l’area della possibile maggioranza con cui governare, per poi rattrappirsi in un appariscente ed esibito isolamento. L’Italia non è un film americano (e anche quelli si dovrebbe capirli, perché chi ha cancellato la prescrizione dimostra che manco quelli comprende): puoi vincere o perdere, ma rimani e governi se coalizzi. In caso contrario passi. Il club ha un nuovo candidato.

Il Pd s’intesta la guida della reazione. Commetterebbe un errore se pensasse d’avere vinto, posto che Zingaretti sembra vaccinato dalla natura a non commettere quello di considerarsi il capo. I fessi ripetono la battutella che a loro pare ficcante: non si manifesta contro l’opposizione. Salvini ha lanciato la campagna dal governo e l’ha continuata per averlo senza soci ingombranti. Ha messo così in moto una reazione, di cui le oceaniche piazze delle Sardine erano la conseguenza fisica e l’alta percentuale dei votanti quella elettorale. Il coagulo avviene dove è più probabile che l’argine resista.

Fra qualche giorno tutto ciò sarà vecchio. A quel punto qualcuno si accorgerà che con quasi l’80% dei bilanci regionali dedicato alla sanità quasi manco se ne è parlato. Come ci si accorgerà che non sentire il morso degli avversari nelle terga è rasserenante, ma è anche vero che mentre si scappa la sola cosa che conta è allontanarsi dalle fauci, mentre quando si cammina (di corsa neanche a parlarne) conta in quale direzione ci si dirige. E il governo rimane in balia di condottieri guerci che non conducono.

Oggi si è persa un’occasione. La giornata della memoria coincide con quella della contabilità elettorale. Si poteva cominciare la giornata con un bel comunicato congiunto, di tutti o quasi: siamo in competizione fra noi, siamo orgogliosi d’essere differenti, ma ci unisce l’essere distanti e opposti alla pagina più disonorevole e disonorante della nostra storia unitaria: le leggi razziali. Sarebbe servito a dire: potrebbe anche vincere quel balordo del mio avversario, ma questo non farebbe venire meno l’impegno comune a difesa della democrazia, della libertà e del rispetto di tutti, senza sopraffazioni. Ma, me ne rendo conto, è chiedere troppo.


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