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Bologna, le periferie e i citofoni. Il bilancio di Borgonzoni e Bonaccini

Il sangue dei vinti scorre sempre per primo. Dopo l’intervento di Matteo Salvini che dichiara di essere già al lavoro sulle squadre da schierare per conquistare Puglia, Campania, Marche e Toscana, più Liguria e Veneto (per riconfermare le amministrazioni uscenti del centrodestra), la parola passa a Lucia Borgonzoni. La sconfitta le pesa e sembra che anche i cartelloni con il suo volto stampati davanti a lei non sorridano più. L’espressione si fa pian piano corrucciata. “Ringrazio le persone che ci hanno messo la faccia nei momenti non facili che abbiamo vissuto – dice Borgonzoni – . Le persone, le associazioni che ancora sono vicine malgrado il risultato. Come Lega noi ci siamo sempre e lo abbiamo dimostrato da quando eravamo al 2,7%. Ora siamo più di un milione di persone che credono nel nostro progetto. Trasformeremo le nostre idee in realtà, a partire dalle esigenze dei territori”.

Cercando di “tutelare i più deboli, quelli che hanno lanciato il grido d’allarme sulla situazione della sanità emiliano-romagnola. Cercheremo di risolvere i problemi reali delle persone”. Poi il focus si sposta sull’analisi del voto ripartito per territorio. “Ancora – ammette Borgonzoni – abbiamo difficoltà a intercettare consensi nei grandi centri delle città. La differenza tra provincie e città è netta. Aspetto sul quale lavoreremo tanto. Il nostro messaggio passa meno. La Lega da le risposte che la gente vuole, sennò non si spiegherebbe l’aumento dei consensi, anche rispetto al 2014. Ringrazio gli alleati: abbiamo corso assieme. Una coalizione unita su un progetto condiviso, anche se forse non è stato compreso da tutti”.

Il risultato comunque “è storico perché la Regione simbolo della sinistra ha rischiato di non essere più tale”. Ha rischiato. Ma una fetta di Emilia, anche per bocca delle sardine, aveva promesso, anzi giurato, che non si sarebbe “legata”. I centri cittadini dell’asse sulla via Emilia hanno fatto cartello. No pasaran. La linea Maginot ha retto.

Dall’altra parte della barricata c’è Stefano Bonaccini. Prima di iniziare il suo intervento, si assesta gli occhiali e il microfono. Inizia coi ringraziamenti, di rito ma non solo. I primi a cui va un riconoscimento sono “i candidati, anche quelli che hanno preso meno preferenze”. “Bisogna sempre tenere i piedi per terra e fidarsi del proprio istinto perché – dice Bonaccini – c’è stata una narrazione curiosa durante la campagna elettorale tale per cui io non avrei mai dovuto vincere. Ma, girando, ho capito che c’era un clima diverso”.

Dunque, dice Bonaccini, questa è “la vittoria dell’Emilia-Romagna. Ho fatto bene a voler parlare esclusivamente di questa regione, tra eccellenze e problemi da risolvere”. Poi il ponte “che abbiamo gettato sul futuro: abbiamo caratterizzato la campagna elettorale di sentimenti, di valori. L’abbiamo voluta però condire di idee per il futuro”.

Bonaccini fissa due fotogrammi della campagna elettorale: l’ultimo giorno,“quando ho inaugurato un asilo in un comune di montagna” e Marzabotto, “per quello che rappresenta e per le nostre radici antifasciste”.

Lì, prosegue il governatore appena riconfermato, “abbiamo messo assieme radici e futuro. Qui volevamo rispetto”. Poi c’è il significato della modalità “con cui abbiamo condotto la campagna elettorale: lo stile con cui ci siamo mossi, non urlando mai, non utilizzando argomenti propri di un confronto in una sana discussione politica”. Poi la svolta ittica e la confessione. “Pochi minuti fa ho sentito al telefono Mattia Sartori (il leader delle sardine) – dice Bonaccini – non l’avevo mai sentito prima. Ho ringraziato lui e le sardine. Spero che la sinistra torni a riempire le piazze e riparta dalla mobilitazione. Non basta riempire le piazze, però rendono l’idea di come la partecipazione fisica metta in contatto le persone e le fa sentire parte di un grande progetto”. In cauda nenenum direbbero i latini.

La chiusura dell’intervento del neo presidente, dopo aver ricordato l’appuntamento di questa sera in piazza Grande, è una stoccata a Salvini. “Questa è una regione che ha dimostrato che, se vuoi suonare i campanelli, li suoni a casa tua”.

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