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Così Meloni si smarca da Salvini (anche) sul coronavirus

Più che un virus è un raffreddore fra alleati, ma non va preso sottogamba. Giorgia Meloni si smarca ancora una volta da Matteo Salvini. Il leader della Lega, rintronato dalla battuta di arresto del voto in Emilia-Romagna, ha già trovato una nuova battaglia da ingaggiare con la maggioranza rossogialla: il coronavirus.

Tempo di rispolverare il cavallo di battaglia dei porti (e aeroporti) chiusi, ed eccolo a punzecchiare Palazzo Chigi e il premier Giuseppe Conte per la gestione emergenziale del virus cinese che da Wuhan è da poco approdato a Roma, con la conferma di tue turisti contagiati e ricoverati allo Spallanzani. “Il governo ha perso tempo”, “poi eravamo noi gli speculatori”, “chiudere gli accessi via aria, terra e mare” sono solo le più timide uscite del numero uno del Carroccio nelle ultime ore, abbastanza per scatenare la reazione furibonda della politica, dal ministro della Salute Roberto Speranza al sindaco di Milano Beppe Sala, dalla ministra della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone all’ex Guardiasigilli Andrea Orlando (che ha definito Salvini “un poveraccio”).

Di altro tono il commento della leader di Fratelli d’Italia. Dalla manifestazione per il centenario di Confagricoltura la giovane condottiera della destra italiana ha pesato le parole con il bilancino. Sul coronavirus “c’è un alto tasso di apprensione tra i cittadini e penso che sia figlio di una mancanza di informazione”. Il governo, dice Meloni, “deve chiedere a chi di dovere di avere informazioni certe e poi trasferire quelle informazioni certe ai cittadini”. Un bon ton istituzionale in un momento di emergenza  che mal si concilia con l’arringa dell’ex vicepremier leghista.

Non è certo la prima volta che la leader di FdI cresciuta alla Garbatella si scansa dall’onnipresente Salvini. A inizio mese, alla notizia dell’uccisione del generale iraniano Qasem Soleimani da parte di un drone americano, il leghista si era catapultato su Facebook con tanto di foto-collage con Donald Trump. Meloni non si era fatta attendere con una frecciatina eloquente: la “complessa questione mediorientale” non merita “tifoserie da stadio”. Se alle bacchettate si aggiunge il commento a caldo post-voto in Emilia-Romagna, che secondo Meloni ha confermato Fratelli d’Italia come “unico vincitore”, non è difficile percepire il clima fra alleati.

Prove tecniche di leadership? I sondaggi non consentono ancora di sognare ma più di un segnale indica la strategia espansiva della Meloni, che forte dei numeri a doppie cifre può conciliare con i toni battaglieri un inedito galateo istituzionale. Non solo in Italia. La sfida Salvini-Meloni si gioca anche e soprattutto oltreconfine, anzi oltreoceano.

Non è un mistero che da tempo la fondatrice di FdI lavori alla sua immagine internazionale (tanto che il Times l’ha inserita fra i 20 personaggi da tenere d’occhio per il 2020), sia sul piano europeo, con il rafforzamento della famiglia parlamentare conservatrice di cui le sue truppe a Bruxelles fanno parte da un anno, sia su quello statunitense, con la tessitura di una rete di rapporti non banale con la destra a stelle e strisce. Un anno fa l’esordio al Cpac (Conservative political action conference), con un discorso in inglese poco prima dell’intervento di Trump in persona. A fine febbraio farà il bis a Washington DC, e a inizio mese parteciperà al National Prayer Breakfast con oltre 300 politici da tutto il mondo. In entrambi i casi ci sarà “The Donald”. Salvini, per il momento, resterà a casa.

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