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Strage di Pensacola, perché la rivendicazione di al Qaeda è importante

L’Aqap, la filiale yemenita di al Qaeda, ha rivendicato un attacco compiuto due mesi fa da un soldato saudita a Pensacola, in una base americana. L’attentatore, Mohammed Alshamrani, si trovava alla Naval Air Station Pensacola nell’ambito di un programma di addestramento che gli Usa hanno venduto al regno del Golfo. Il 6 dicembre, era un venerdì, dopo pranzo Mohammed ha preso una pistola regolarmente posseduta e ha sparato contro i colleghi statunitensi mentre un suo amico li filmava. Tre morti, poi sono intervenuti gli uomini dello sceriffo della contea di Escambia e hanno ucciso anche lui.

Al di là della cronaca, è necessario inquadrare cosa significa questa rivendicazione. Aqap è la più attiva tra le branche di al Qaeda, e anche per questo la guida dell’organizzazione Ayam al Zawahiri gli ha affidato il compito di compiere azioni all’estero. L’attacco stavolta è arrivato nel cuore della difesa americana. Non solo: è stato portato a termine da un saudita. Tra i grandi simboli presenti attorno alla storia questo conta molto. I sauditi negli ultimi tre anni hanno rinvigorito l’alleanza con gli Stati Uniti grazie all’amministrazione Trump, e tutto è ripartito in un modo molto trumpiano: la firma di un maxi-contratto sulla difesa.

Molte di quelle armi che gli Usa vendono a Riad vengono usate per portare avanti una guerra in Yemen, dove da cinque anni i paesi del Golfo, sotto la guida dell’Arabia Saudita, stanno provando a sconfiggere gli Houthi – ribelli separatisti del nord del paese che hanno rovesciato il governo di Sanaa anche con l’aiuto militare iraniano. Ora l’Aqap, che è nemica degli Houthi ma sfrutta la guerra civile per crearsi maggiori spazi, dice di aver eterodiretto un proprio proselite nell’attentato in cui ha ucciso tre soldati statunitensi, Tutto avvenuto in una delle più famosi basi americane. Non solo: il tipo era un soldato saudita, presente negli Stati Uniti per un corso di addestramento pre-volo di cui forniva dettagliati racconti a lettere inviate al proprio tutor jihadista.

Il messaggio è poderoso. Tanto che l’Aqap per cercare di dimostrare subito l’autenticità della rivendicazione ha diffuso diverse prove sui contatti tra il militare e il gruppo. Ma a rendere ancora più intricata la storia c’è un altro passaggio: la rivendicazione è stata registrata in un audio da Qassim al Rimi che è (o forse era, ci arriviamo) il leader quadeista che guida la filiale yemenita. Secondo informazioni diffuse in via informale ad alcuni media americane da fonti del Pentagono, al Rimi sarebbe stato ucciso la scorsa settimana con un attacco aereo mirato compiuto da un drone statunitense.

La morte di al Rimi non è stata ancora confermata in forma ufficiale, perché c’è sempre molta circospezione in questi casi. Di solito una squadra di specialisti si reca nel luogo dell’attacco per trovare le prove e confermare l’eliminazione del target e poi se ne parla. Non sarebbe la prima volta che arrivano smentite, direttamente dai gruppi. Tuttavia  ieri Donald Trump ha ritwittato la notizia, dando modo di pensare che fosse vera. La tempistica con cui è arrivata la rivendicazione potrebbe essere stata un modo per vendicare la morte del leader – a cui la Cia dà la caccia da diverso tempo e che a novembre scorso aveva visto crescere la sua taglia a dieci milioni di dollari.

Ma anche il modo per mettere in imbarazzo Trump. Qui c’è una domanda: Aqap s’è inventato il collegamento col soldato saudita per fini pubblicitari? Ci saranno indagini e verifiche. Intanto sappiamo che secondo l’Fbi, Alshamrani, almeno dal 2015, aveva dato segnali di interessamento verso il mondo del radicalismo islamico (tutto chiaramente condito con le tipiche visioni anti-americane e anti-ebraiche: “Sono contro il male, e l’America nel suo insieme si è trasformata in una nazione malvagia” aveva scritto su Twitter prima della strage).



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