L’accordo sulla prescrizione non sarebbe difficile da trovare, se ci fosse la volontà, ma si deve iniziare a guardare al problema in modo più sistemico. Inoltre questo governo non è l’unica alternativa possibile, anzi. “Il Quirinale potrebbe considerare l’ipotesi di quello che non può che essere un governo di tregua che arrivi fino ai primi mesi del 2021 e appoggiato anche dalle opposizioni”, compreso Salvini, per arrivare a elezioni anticipate prima dell’inizio del semestre bianco. Uno scenario immaginato da Paolo Pombeni, storico, politologo, già professore di Storia dei sistemi politici all’Università di Bologna, componente del comitato di direzione della rivista il Mulino e direttore del sito Mente Politica che in questa conversazione con Formiche.net analizza gli ultimi travagli del governo sulla prescrizione, ma non solo.
Professore, Di Maio chiama il popolo del Movimento 5 Stelle in piazza “contro chi vuole abolire le nostre leggi”. Come legge questa mossa?
È la mossa di un uomo politico che si è dimesso per finta.
In che senso?
La sua è stata una dimissione tattica, direi, ovviamente vuole rimanere protagonista e l’unico modo che ha per farlo, dato che di proposte politiche non è capace, è quello di tornare alle vecchie strategie movimentiste senza tenere conto che da un lato è fuori tempo massimo e dall’altro è in contraddizione con sé stesso, perché fa parte di un governo che poi attacca in piazza. Ma questo è qualcosa che si potrebbe rimproverare a una persona che ha un’idea di cosa siano le regole della politica, cosa che mi sembra esclusa nel caso di Di Maio.
Qual è lo scopo di Di Maio, a suo giudizio? Una scelta dallo sfondo elettorale o un modo per ricompattare i gruppi parlamentari su un tema a forte impatto identitario?
C’è sicuramente anche questa seconda dimensione, i due aspetti si muovono assieme. Chiaramente nel momento in cui tutti si prospettano il Big Bang del Movimento 5 Stelle i vari personaggi cercano di precostituirsi delle posizioni in vista che accada. Non possiamo dimenticare che sono persone giovani che non possono certo andare in pensione, ma tanto meno tornare a delle altre professionalità particolari una volta chiusa la parentesi politica.
Sulla prescrizione una posizione comune è possibile?
La possibilità di trovare una posizione comune sulla prescrizione c’è ed è anche abbastanza facile, l’unica soluzione è ritardare questa normativa che ormai è legge, sospenderla insomma, perché cancellarla mi sembra difficile.
Quindi sospenderla, ma per fare cosa?
Sospenderla con l’argomento, estremamente razionale, che era stata pensata nel quadro di una riforma del processo penale e avviare dunque questo discorso. Naturalmente bisogna tenere conto di una cosa banale che mi sembra sfugga a un po’ tutti gli osservatori: la riforma del codice di procedura penale è una cosa complicatissima, per cui richiederà non qualche giorno, ma parecchi mesi e forse più di un anno.
Cioè, mettere in stand-by la sospensione della prescrizione per pensare a una riforma più complessiva?
Sì, finché non si riesce a rivedere il vero problema che è la riforma del codice in maniera da rendere il sistema giudiziario efficiente e capace di affrontare le incombenze in tempi ragionevoli, tenendo conto ad esempio di una delle questioni più grosse, ossia l’arretrato.
A cosa si riferisce?
Non c’è riforma del codice che possa cancellare l’arretrato. Quando si dice che i giudici fissano le udienze dopo un anno e mezzo, la ragione è perché nel frattempo ci sono centinaia di processi in attesa da anni. Ecco, questo non si risolve con una riforma del codice di procedura. Le faccio un esempio.
Prego.
C’era stato un impegno, che aveva portato anche a qualche conseguenza, sul problema del cosiddetto processo telematico, l’introduzione di strumenti digitali nella procedura. A suo tempo ci fu una resistenza molto pesante da parte della componente più anziana dei magistrati. Oggi invece questo problema è superato dai fatti, perché quei magistrati sono andati in pensione e sono stati sostituiti e, come tutti noi, son persone che non saprebbero vivere senza un computer. Ricordo che molti anni fa, quando ci fu questo dibattito, il mio collega Stefano Zan che aveva scritto un libro su questo e faceva parte di una delle commissioni che ne studiava il tema, ricordava che un presidente di Corte d’Appello gli disse: “Nessuno mi separerà dalla mia penna stilografica con cui ho scritto tutte le mie più importanti sentenze”. Oggi di magistrati che scrivono le sentenze con la penna stilografica non credo ce ne siano.
Forse per firmare?
Sì, esatto, sempre se non hanno la firma digitale.
Tonando però al dibattito interno al governo, lo scontro sulla prescrizione cosa ci dice sul suo stato di salute?
Questo dibattito ci dice che questo governo non ha una guida. Cioè chi dovrebbe guidare questo governo non è in grado di pronunciare la famosa frase del generale Galliffet sul caso Dreyfus, “Silenzio nei ranghi”, per dire: guido io, allineatevi, che è ciò che dovrebbe fare un presidente del Consiglio. Ma ci dice una cosa ancora più grave.
Di cosa si tratta?
Tutti i gruppi sono ora preda dei loro fan club, sono come le squadre di calcio vittime delle tifoserie organizzate. Basta guardare quello che succede nei talk show. È una battaglia mediatica in cui ogni fan club schiera i suoi uomini di punta e i politici hanno il terrore di prendere le distanze da questi fan club perché sono convinti che è attraverso loro che passa il loro consenso elettorale.
E qui arriva un altro problema: dal Quirinale si spinge per raggiungere un accordo sulla prescrizione, perché la strada del voto è sempre più corta…
Il problema è esattamente questo: la possibilità di andare a elezioni anticipate è possibile solo nel breve arco dei primissimi mesi del 2021, perché o non si può o sarebbe un disastro. Questi fattori mettono in campo due alternative, una è quella su cui speculano in molti, ossia tirare a campare fino alla fine naturale della legislatura perché è meglio che tirare le cuoia. È un po’ quello che pensano di fare le componenti della maggioranza che ne traggono un certo vantaggio: si può stare al governo e al tempo stesso fare politica contro il governo. E poi c’è un’alternativa.
Quale?
Non è detto che tirando molto la corda, questa non si spezzi e si debba andare, quindi, a un governo nuovo. A questo punto il Quirinale sarà costretto a prendere in considerazione l’ipotesi di quello che non può che essere un governo di tregua, che possiamo chiamare anche governo istituzionale, di scopo, tecnico, ma che di fatto senza perdere tempo ogni due minuti o piantare bandierine porti avanti il Paese fino a febbraio del 2021.
E poi?
E poi elezioni anticipate, coinvolgendo anche le opposizioni che secondo me avrebbero tutto l’interesse a un periodo di tregua con la garanzia di elezioni anticipate a inizio del 2021.
Compreso Salvini?
Certo. Anche lui avrebbe tutto l’interesse perché otterrebbe il suo obiettivo di andare al voto prima dell’elezione del successore di Mattarella e mettere alla prova se è vero o no che il centrodestra riesce a ottenere una maggioranza. Bisogna tenere conto che se verrà fatta la riforma elettorale così come si sta delineando ora, ma anche con il Rosatellum, le previsioni di vittoria del centrodestra sono molto alte.
A questo punto cambierebbe anche il premier…
Ecco, sì, e questa sarebbe una delle difficoltà perché Conte non ne sarebbe contento. Ma si potrebbe mediare, affidandogli un buon ministero. Dopo tutto la politica ci ha abituato a molte capriole fatte con molte tecniche. Ma mi faccia aggiungere un’ultima cosa.
Prego…
Occorrerebbe un’alleanza delle persone di buon senso che si opponga a questo modo di gestire la politica che sta distruggendo lo spazio di consenso del Paese nei valori fondamentali fondativi della Repubblica. Non si può continuare così, ci vorrebbe una rivolta degli intellettuali che non possono arrendersi al fatto che per i giochi interni ai partiti si stia distruggendo il senso comune del Paese. Perché quello, poi, non si può ricostruire in una mattina.