“Perché abbiamo perso? Perché siamo diventati un partito. E un partito pesante, modello Pci, quando invece serve tornare al sogno di Forza Italia di vent’anni fa”. La diagnosi e la prognosi sono dell’ex ministro pidiellino Giancarlo Galan dopo la disfatta elettorale delle amministrative.
La vulgata “si perde perché non c’è Berlusconi in campo” è il tentativo di depistare responsabilità locali e scelte politiche sbagliate?
Non può essere così e non è così. Dire “non c’è Berlusconi in campo” significa ammettere che chi rappresenta il partito in quel momento non è in grado di farlo al meglio. E’ un fallimento totale, insomma: il dramma sta nel partito, nella volontà di non leggere, di non voler capire, di infilare la testa sotto la sabbia.
Qual è la prima autocritica?
Se fossimo stati più attenti ci saremmo accorti che le elezioni regionali del 2010, nascoste dietro un successo mascherato, in realtà le avevamo perse. In quell’occasione abbiamo polverizzato milioni di voti.
Se lo stesso Berlusconi aveva avuto sentore del ko di Alemanno e avrebbe preferito puntare su Marchini, come mai poi da quell’intuizione non si è giunti a una decisione politica?
Perché purtroppo c’è un partito, ecco il motivo. Dopo di che, può accadere di sbagliare, ma se non ci fosse stato un partito, e faccio riferimento anche al Veneto, non si sarebbe deciso di appoggiare Gentilini a Treviso. Lì nessuno vota a sinistra: ragion per cui anche quella è una sconfitta assurda.
Colpa del contenitore Pdl?
Purtroppo c’è un partito, che si è voluto fosse strutturato e pesante. Fatto sul modello, ahimè, del vecchio Partito comunista sovietico. E le intuizioni sono tate messe da parte.
Berlusconi ha già annunciato novità nella forma partito…
Lo ha scritto Repubblica, ma Palazzo Grazioli ha smentito.
Ma al di là degli annunci, esiste l’esigenza di destrutturare ciò che vent’anni fa era più liquido?
Certo. Per incontrare i favori della gente i partiti non servono più, non ne sono più capaci. Detto della nostra debacle, non dimentichiamo che il Pd ha perso tre milioni di voti nel giro di pochissimo. Qualcuno oggi ha commentato che i democratici hanno vinto andando in retromarcia: fotografa a pieno la situazione. Loro sono andati male, ma non siamo stati più bravi a fare ancora peggio, andando anche noi in retromarcia ma a tutta velocità. I partiti, quindi, non riescono più a rappresentare sogni e aspirazioni.
Come trasformarli, dunque?
Avrò anche poca fantasia, ma io dico di tornare a ciò che riuscivamo a rappresentare vent’anni fa, quando Berlusconi ha iniziato a fare politica in un sogno. Lui non ha cambiato idea.
E allora cosa è cambiato?
Tutto il resto, perché si è voluto fare il partito pesante, con tessere e congressi. Mi viene una rabbia incredibile, perché poi le ho viste quelle tessere. Il caso più grave è Treviso, dove un’altra opportunità era possibile: c’era un grande imprenditore, con un fatturato da un miliardo e già senatore di Forza Italia nel ’94. I partitini avrebbero dovuto capire che era arrivato il momento di fare un passo indietro ad appannaggio di uno come Zanetti. E mettergli a disposizione quel poco che hanno di macchina organizzativa e capacità. E invece no, hanno scelto ancora il binomio Pdl-Lega. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Come uscirne?
Con uno slogan del Sessantotto: fantasia al potere.
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