Skip to main content

Europa sì o no? Perché Salvini non può (e non vuole) fare a meno di Giorgetti

Se “Gianni” è il Letta di Silvio Berlusconi, Giancarlo Giorgetti lo è della Lega da quella Nord alla “Lega nazionale Salvini premier”. Tanto più del leader Matteo Salvini che, dopo aver preso nel ’90 la sua prima tessera della Lega lombarda non ancora Lega Nord, ha condotto “la piccola Lega” a diventare per consensi alle Europee e Regionali primo partito italiano.

Accade che Giorgetti, vicepresidente numero 2 della Lega, consigliere numero 1 del leader, dia un’intervista al Corriere della Sera dove ribadisce che dall’euro non si esce. Ma avverte anche che le regole Ue di un mondo che ormai è profondamente cambiato se non vengono riformate sono un non senso. Il giorno dopo (ieri) il leader Salvini avverte a sua volta, “stressando” questo punto nodale, che se le regole Ue non cambiano si può fare anche come l’Inghilterra. Apriti cielo: i cosiddetti “giornaloni” riaprono l’ennesima puntata della “telenovela” del “Gianca”, come lo chiamano in Lega da sempre, contro Salvini e viceversa. Alcuni dello stesso elettorato leghista sul web sbandano, ribadendo che Salvini è il leader. Come se Giorgetti non lo sappia. Ovvio che i due hanno ruoli diversi. Giorgetti, come mi disse brutalmente Umberto Bossi degli anni in cui si preparava a tornare al governo con Silvio Berlusconi, dopo la prima malattia, come ministro delle Riforme per il federalismo, “ha grandi capacità amministrative, grandi competenze ma non ha il carisma del leader, però la Lega non può fare a meno di lui, competente e bravo ragazzo”. Cosa che nel linguaggio bossiano significava: quello non ti tradirà mai.

Era il 2006, le elezioni erano vicine, Bossi minacciò nella mia intervista esclusiva per Panorama “Mani libere” nella Cdl e Giorgetti era colui che aveva respinto pochi giorni prima un’offerta di Fiorani inviata alla Camera per metal detector, dicendo, da fan calcistico, “se vuoi, dai questi soldi al Varese, ma mai a me”. Cosa che gli valse la medaglia bossiana.

Tante cose sono cambiate, quasi un’era geologica in politica, eppure l’ex sottosegretario della presidenza del Consiglio, nominato da Salvini responsabile della politica estera della Lega, era sempre lì, alla conferenza stampa di pochi giorni fa accanto all’ex ministro dell’Interno e capo leghista alla Stampa estera, proprio il giorno dopo in cui il Senato ha mandato Salvini a processo per la vicenda della nave Gregoretti. Momento delicatissimo dove solo uno sprovveduto può non rendersi conto dell’atto di totale fiducia di Salvini nei confronti di Giorgetti. Che non a caso viene incaricato dal leader di rispondere a tutte le domande che riguardano la vicenda giudiziaria. Ma c’è un passaggio che per gli esperti del ramo la dice lunga sullo stretto, fiduciario e affettuoso rapporto di Giorgetti con Salvini. “Giancarlo”, come lo chiama pubblicamente da sempre il “capitano” leghista, rispondendo a una domanda, affettuosamente e fermamente dice: “Ci voleva il matto (Matteo ndr) per far capire alla Ue che occorre il controllo e la redistribuzione dell’immigrazione”.

Una battuta che dice molto sul loro rapporto e i loro rispettivi caratteri: Giorgetti è molto riflessivo ma di fatto riconosce che per esser leader occorre quella marcia in più della “mattia” di “Matteo” che lui non ha. Per chi, come la sottoscritta segue da anni anche la Lega da Nord a nazionale, questo rapporto tra il “Gianca” e “Matteo” è testimoniato pure da scene alle quali casualmente è capitato di assistere dal vero, nei giorni, ad esempio, della formazione del governo giallo-verde, o meglio giallo-blu, con Salvini che scantonando i giornalisti diceva al telefono:”Gianca’, dimmi”. Il “Gianca”, ovvero l’uomo forte delle partecipate al Nord, demonizzato come l’uomo “delle banche e della Finanza” della Lega da Nord a nazionale, evidente che è da sempre il tassello decisivo di Via Bellerio ora anche per consolidare e rilanciare i rapporti internazionali di Salvini. E comunque era lui l’uomo autorizzato in Via Bellerio a tener testa al fondatore “padre – padrone” Umberto che per vezzo mandava tutti a quel paese. Narrano che un giorno Bossi fece le bucce a una mozione che Giorgetti stava preparando contro l’allora premier Romano Prodi su Malpensa. Il “Gianca” si inalberò:”Oh Capo che c… dici?!”. E Bossi:”Che hai ragione, volevo solo metterti alla prova”.



×

Iscriviti alla newsletter