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Precari. L’emendamento in bilico

Bagarre politica sul cosiddetto emendamento “ammazza precari”. L’opposizione giudica la norma anticostituzionale, il Governo si divide e non ne riconosce la paternità, si dichiara invece favorevole Confindustria, secondo la quale “si va nella direzione giusta”. Dopo giorni di tensioni in Parlamento, si è arrivati oggi all’accantonamento della norma, rinviata in commissione.
 
Formiche.net ha sentito sul tema due giovani esperti: Michela Murgia, scrittrice di successo ed autrice del best seller sul precariato “Il mondo deve sapere” ed il prof. Michel Martone, trentaquattrenne ordinario di Diritto del Lavoro alla Luiss.
 
Secondo Michel Martone “L´emendamento dimostra le perversioni del nostro mercato del lavoro.
Mira a risolvere un problema relativo ad alcune grandi società italiane, che hanno commesso gravi errori nell´utilizzo dello strumento dei contratti atipici, con il risultato di lasciare che siano i giudici, per sentenza, a selezionare i loro lavoratori. In barba – ancora una volta – a meritocrazia e competitività.
L´altro versante, è quello di un sistema nel quale il merito non viene mai premiato: non vengono assunti i migliori ma solo quelli che hanno fatto causa, e che hanno avuto la fortuna di arrivare in giudizio. Magari i meno interessati a quello specifico posto di lavoro.
Inoltre, – spiega il Prof. Martone –  l’emendamento è fatto molto male: premia solo quelli che hanno vinto la causa, discriminando tutti gli altri, senza alcun distinguo. E´ l´ennesima toppa che viene messa in un sistema dove non si riescono a costruire raccordi tra domanda e offerta di lavoro”.
 
Anche più duro il giudizio di Michela Murgia:
 
“Dal governo nicchiano, e nessuno vuole la paternità diretta dell’emendamento sui precari. A sentirli, quelle tre righe nella manovra ci si sono infilate da sole. Niente panico, dicono. È solo una cosa ad hoc per le Poste, una sanatoria per le decine di migliaia di contenziosi aperti per abuso di contratto atipico. Sarà anche vero, ma forse non è tutto qui, se Confindustria plaude dicendo che «la strada è questa». Più probabile, per dirla in gergo, che ci abbiano semplicemente provato, come fanno i borseggiatori in autobus coi passeggeri distratti dalla ressa, e che l’orientamento futuro sia riprovarci. E magari riuscirci, a fare in modo che chiunque chieda di vedersi riconosciuto il lavoro che già fa possa andarsene via con al massimo sei stipendi da precario in tasca, e senza più lavoro. Protestare non è mai costato tanto, chi ha orecchie per intendere…”


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