Per prevenire il radicalismo islamico e il terrorismo che da questo è foraggiato, bisogna prima conoscere l’Islam, quello vero. Comprendere la lezione del Corano, riscoprire nella loro autenticità gli insegnamenti del Profeta e secoli di cultura, è il presupposto necessario e imprescindibile per saper distinguere, e isolare, gli elementi radicalizzati infiltrati all’interno delle comunità religiose. È questo un passaggio necessario anche e soprattutto per il mondo dell’intelligence, che a questa non facile opera di prevenzione è sommamente preposta.
Questo il senso della lezione al Master dell’Università della Calabria diretto dal professore Mario Caligiuri di Enzo Cotroneo, esperto di diritto islamico e ricercatore del Laboratorio sull’Intelligence dell’ateneo. “L’intelligence rappresenta una visione che aiuta a vedere oltre la linea dell’orizzonte dove si ferma la gran parte delle persone ed appunto per questo è fondamentale per capire gli Islam” ha detto Cotroneo in apertura.
La radicalizzazione, ha spiegato l’esperto, non è un fenomeno episodico né figlio degli ultimi anni, ma è insito nella storia, nella cultura, nella dottrina dell’Islam. “Il radicalismo si è modificato in modo profondo negli ultimi decenni, però ci sono delle costanti: i canali di reclutamento che avvengono attraverso la comunità; la pervasività, perché si è presenti in ogni contesto; la capacità di attrazione dei giovanissimi, in un contesto in cui si registra una crescita demografica travolgente all’interno del mondo islamico”.
Tanti di questi giovani che hanno avuto un ruolo di primo piano nella nascita e nello sviluppo delle primavere arabe, ha proseguito Cotroneo, sono figli di martiri e combattenti della Jihad che replicano il modello paterno. I ttaccrischi di questo fenomeno possono essere di carattere militare, come dimostrano l’Isis e Al-Qaeda, ma anche di altra natura. Possono originare pericolose fratture sociali: “tanti immigrati islamici vivono in condizione di emarginazione, all’interno di quartieri degradati, essendo il frutto di un disagio sociale che può minacciare la sicurezza nazionale, vista anche l’inadeguatezza della rappresentanza delle democrazie”. Un fenomeno, il radicalismo islamico, che “si rivolge principalmente contro le élite locali dell’Islam, che considera occidentalizzate e corrotte”.
Per rispondere a questo rischio occorre prendere in considerazione due elementi: da un lato l’intelligence, che può e deve operare per contrastare questa minaccia in modo efficiente e preventivo; dall’altro attraverso gli stati di emergenza. “In questi giorni ne stiamo sentendo parlare in occasione del coronavirus che proviene dalla Cina – ha detto il ricercatore – Negli anni Settanta è stato invocato per fronteggiare il terrorismo politico e negli anni Novanta per contrastare la criminalità organizzata. In questo periodo, dopo l’attentato di Charlie Hebdo a Parigi nel 2015, l’Unione Europea ha emanato indicazioni precise per anticipare la fattispecie dei reati”.
Negli anni però modalità e tempistiche del reclutamento sono cambiati notevolmente, e di conseguenza le formule di contrasto del radicalsimo. “Il radicalismo si è modificato in modo profondo negli ultimi decenni, però ci sono delle costanti: i canali di reclutamento che avvengono attraverso la comunità; la pervasività , perché si è presenti in ogni contesto; la capacità di attrazione dei giovanissimi, in un contesto in cui si registra una crescita demografica travolgente all’interno del mondo islamico” ha spiegato Cotroneo.
Tra le organizzazioni più attive nella jihad europea, ha concluso l’esperto, spiccano i Fratelli Musulmani, “l’organizzazione maggiormente attenzionata in Italia per la sua capacità di infiltrazione”. Anche se sono stati fortemente ridimensionati in Egitto, dove l’esercito svolge un ruolo di garante della laicità, i Fratelli Musulmani sono oggi la più potente organizzazione attiva nella diffusione del radicalismo sunnita.