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Per l’Europa e l’Italia è vero green deal? Risponde Rossella Muroni

Si registra da qualche tempo a questa parte un gran fermento di iniziative istituzionali e non sul versante ambiente. Sembra di assistere ad una gara a chi faccia meglio e prima per aggiudicarsi una medaglia nella salvaguardia del pianeta. Le parole più gettonate, in Europa e in Italia, sono diventate Green New Deal: lo ha fatto la neo presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, lo ha ripetuto il nostro presidente del consiglio Giuseppe Conte seguito dai suoi ministri Costa e Patuanelli.

Siamo veramente ad una svolta verso un nuovo paradigma economico e ambientale, quell’economia circolare di cui tutti parlano o siamo soltanto di fronte a “pannicelli caldi” per tacitare alcune piazze e qualche coscienza del mondo ambientalista?

Lo abbiamo chiesto a Rossella Muroni, una che di ambiente se ne intende, perchè l’ha sempre frequentato ed è da sempre impegnata in prima persona per la sua salvaguardia. Già presidente nazionale di Legambiente , attualmente è deputata di Leu e membro della commissione Ambiente della Camera dei Deputati e della commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti.

“L’Unione europea e l’Italia stanno mettendo in campo politiche all’altezza delle sfide che dovremo affrontare? C’è ancora troppo scarto fra le dichiarazioni di intenti e le concrete azioni politiche per affrontare la crisi climatica. Soprattutto rispetto agli obiettivi, e cioè sulla riduzione delle emissioni, l’incremento dell’efficienza e l’aumento delle rinnovabili”. E arriva l’affondo: “Mi farebbe piacere vedere nel governo la stessa tensione che c’è sulla prescrizione, ma sul Green deal. Invece di litigare sul nulla perché non cominciamo a discutere seriamente di crescita; perché non lo facciamo applicando i principi dello sviluppo sostenibile e diamo vita finalmente al Green deal (senza new…)”.

Ed è vero, l’Unione europea e la presidente della Commissione von der Leyen hanno presentato un piano da 1000 miliardi in 10 anni per arrivare a un’Europa a emissioni zero nel 2050. “Non so se tutto questo rimanga sulla carta o se ci sia davvero un’azione operativa che si stia cominciando a muovere. La sensazione è che anche il frangente storico sia favorevole. La sensibilità dei cittadini è aumentata. Le piazze dei giovani, i Friday for future hanno sicuramente mosso le nostre coscienze e spinto molte persone a confrontarsi con i cambiamenti climatici, il rispetto dell’ambiente”.

D’altra parte l’ambiente non è un comparto a sé stante, ma “una questione trasversale che riguarda l’innovazione, la formazione, la salute, lo sviluppo e il lavoro di domani, la sicurezza dei cittadini sui territori e soprattutto l’equità sociale”. Le misure finora adottate dal governo giallorosso (Decreto Clima e Legge di Bilancio) “sarebbero potuti essere più incisivi, più completi e più organici”. Mentre l’industria del nostro Paese “affonda inanellando una serie di trimestri con il segno meno e investiamo in ricerca solo l’1,4% del Pil, non andremo lontano”.

Secondo una stima fatta dalla Fondazione per lo Sviluppo sostenibile, “è possibile dare un forte impulso all’economia e all’occupazione green che potrebbe raggiungere gli 800 mila addetti in sei anni, affrontando con misure adeguate alcune grandi problematiche ambientali e cominciare dal cambiamento verso l’economia circolare, la rigenerazione urbana e la mobilità sostenibile. Abbiamo messo a punto (insieme ad altri quattro parlamentari) una proposta concreta per collegare i territori, le università e le nuove competenze green con lo sviluppo sostenibile: la nostra ricetta è partire da 2 mila dottorati di ricerca green da realizzare nei comuni. Un modo per riattivare le aree interne del Paese e per rendere i giovani protagonisti del green deal”.

E sempre a proposito di economia circolare e riciclo, plastic tax e via discorrendo , va ricordato che in Italia esiste una legge che obbliga le aziende che producono bottiglie di plastica ad utilizzare almeno il 50% di materia vergine. “Una follia tutta italiana che frena l’economia circolare e che deve terminare al più presto. Ho presentato emendamenti ed ordini del giorno per chiedere l’abolizione di questo vincolo”.

La Sipa, azienda del gruppo Zoppas, un’eccellenza tutta italiana, è in grado di produrre bottiglie di plastica risparmiando quasi il 30% di energia, riducendo le emissioni di CO2 del 79% e utilizzando Pet riciclato al 100%. “Una dannosa limitazione all’utilizzo della plastica riciclata e un freno alla filiera del riciclo, con un danno non solo ambientale, ma anche economico per le numerose aziende che operano in questo settore. Mi auguro che il prossimo Collegato ambientale possa rimuovere il limite all’uso dio plastica riciclata nella produzione di bottiglie e contenitori alimentari”.
L’appello che Muroni lancia ai colleghi di governo se non è da ultima spiaggia, ci va molto vicino. Occorrono “investimenti sostenibili e transizione verso un’economia decarbonizzata. Non freniamo la nostra economia. Il governo ha senso se affronta queste sfide, se rischia la crisi su questi temi. Perché è su questi temi che vale la pena confrontarsi. Perché è possibile coniugare ecologia ed economia”. Qualcuno se la sente di darle torto?



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