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Mafie, intelligence e globalizzazione. Le lezioni di Nicaso e Pollari

Il ruolo delle mafie e la loro organizzazione, la globalizzazione e il ruolo dell’intelligence. Sono questi i due temi affrontati rispettivamente da Antonio Nicaso, docente e saggista, e da Nicolò Pollari, direttore del Sismi dal 2001 al 2006, intervenendo al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri. Gli esperti hanno condotto due lezioni che riguardano i temi della sicurezza declinata in termini diversi, ma non per questo slegati.

IL SISTEMA DI POTERE DELLE MAFIE

“C’è una difficoltà a comprendere le mafie e a definirle. Non sono fenomeni strettamente locali perché riescono a riprodursi con successo anche in territori lontani da quelli d’origine e si distinguono dalla criminalità organizzata per la loro capacità di fare sistema”, ha affermato Antonio Nicaso, che ha ricordato come “il fascismo abbia combattuto solo la mafia degli stracci, ricordando le difficoltà, soprattutto politiche, incontrate dal prefetto Cesare Mori a risalire “su per i rami”, come lo stesso funzionario ricordava nell’omonimo libro autobiografico. Infatti, le mafie sono sistemi di potere non semplice violenza organizzata”.

“Il rapporto con il potere è un elemento costitutivo della ‘Ndrangheta, come dimostra lo scioglimento del consiglio comunale di Reggio Calabria nel 1869, quando il boss Francesco De Stefano intimidiva i rappresentanti del mondo clericale e monarchico su sollecitazione della destra cavouriana legata al potentato fondiario”. “Le mafie – per Nicaso – possono inizialmente essere spiegate con le teorie di controllo sociale che erano funzionali al potere”.

“Non sono mai state rivoluzionarie in quanto fenomeni di classi dirigenti”, ha affermato Nicaso che insegna storia sociale della criminalità organizzata alla Queen’s University in Canada. Per Nicaso “è stata sottovalutata la dimensione economica delle ‘Ndrangheta che si distingue dalle altre organizzazioni criminali. Infatti, occorre distinguere tre categorie: chi produce beni e servizi illegali, chi li commercializza e chi governa il territorio in cui quei beni e servizi vengono anche venduti. Quest’ultimo aspetto è una caratteristica determinante per controllare i flussi elettorali (condizionare i risultati), risolvere dispute (esercitare la giustizia), condizionare l’economia (alterare le regole del mercato)”.

IL CASO DELLA ‘NDRANGHETA

“In particolare la ‘Ndrangheta  è un’organizzazione sempre meno eversiva e sempre meno violenta, in quanto costantemente legata al controllo del territorio”. Nicaso ha ricordato che “secondo l’Interpol, la ‘Ndrangheta è presente in trenta paesi dei cinque continenti. I metodi di contrasto differiscono molto, in quanto, per esempio, il reato associativo è visto come liberticida in alcuni Paesi, come Germania e Svizzera, mentre in altri, come Danimarca e Svezia, non si sono ancora posti il problema”.

Il docente ha spiegato che “nei paesi dell’est la mafia sta intercettando i fondi europei con la costituzione di società miste, mettendo a disposizione risorse economiche e persone. Quindi per qualcuno viene addirittura vista come un’opportunità. C’è allora una notevole difficoltà a combattere il fenomeno, per il quale occorre volontà politica. Infatti, i soldi delle mafie fanno spesso comodo alle banche e alle imprese, utilizzando le evidenti asimmetrie legislative che esistono tra i vari Paesi”.

L’ESEMPIO DEL CANADA

Nicaso ha poi approfondito quanto sta accadendo in Canada, che è il paese dove vive. “In Canada è possibile investire in società di comodo che non hanno l’obbligo di comunicare il beneficiario dei finanziamenti. Sarebbe utile creare una sorta di pubblico registro dove ogni titolo immobiliare dovrebbe corrispondere  a una persona fisica. Questo potrebbe significare il blocco dell’attività edilizia ma occorre riflettere sulla circostanza che l’anno scorso a Toronto si siano costruiti il maggior numero di appartamenti del mondo, sebbene il 30 per cento di quelli già realizzati risultino sfitti”.

Affrontando poi il tema di attualità della Brexit, ha affermato che “può rappresentare un grande problema, rendendo il Regno Unito sempre più permeabile al malaffare, essendo sede di paradisi fiscali, come i possedimenti privati della Corona, e della piazza finanziaria più importante del mondo, la City di Londra, dove confluiscono capitali da ogni dove”. Nicaso ha poi ricordato che “se nel 2007 non ci fosse stato la strage di Duisburg, la ‘Ndrangheta non sarebbe stata percepita come pericolo planetario”, evidenziando come grumi di potere abbiano consentito l’esplosione della ‘Ndrangheta, che non si è affermata per contagio, ma grazie alla capacità di ricostruire anche altrove in modo esteso gli stessi coacervi di interessi.

INTELLIGENCE E GLOBALIZZAZIONE

“La globalizzazione ha reso l’intelligence sempre più determinante”. Così ha esordito il generale Nicoló Pollari, direttore del Sismi dal 2001 al 2006, in occasione della sua lezione al master in Intelligence dell’Università della Calabria. L’Intelligence, ha sottolineato Pollari, è essenzialmente conoscenza e una corretta ricognizione e valutazione di fatti e fenomeni è il miglior modo per avvicinarsi alla conoscenza del vero.

Come ricorda Karl Popper, infatti: “Tutta la vita è risolvere problemi”. Naturalmente questo processo cognitivo richiede una serie di condizioni che, muovendo da una fase di identificazione del fabbisogno informativo e quindi di pianificazione e direzione procede con quelle di ricerca per l’acquisizione dell’informazione, notizia o dato che sia, di gestione dell’informazione attraverso l’analisi e l’elaborazione della medesima e infine di disseminazione all’autorità competente di semplici informazioni, di rapporti, di analisi e punti di situazione, utili per le decisioni di assumere o per le attività da intraprendere.

Si tratta, evidentemente di un processo descrittivo, situazionale e speculativo gravido di innumerevoli inferenze, anche mentali, che normalmente perviene a configurare risultanze tendenzialmente probabilistiche. Il valore dell’intelligence risiede, infatti, nella capacità fornire informazioni e dati previsionali, accompagnati da un giudizio sulla relativa misura di affidabilità, del quale deve assumere responsabilità chi tali informazioni, dati e giudizi fornisce. Un siffatto contributo di conoscenza, reso in termini comprensibili, non può non influenzare in termini significativi le valutazioni e le scelte del decisore pubblico.

L’intelligence, quindi, di fronte all’imminenza di un pericolo o di una concreta minaccia all’interesse nazionale, può orientare priorità e direzione dei processi decisionali dell’autorità, a tutela e presidio di tale interesse, rispetto a rischi di natura politica, militare, economica, finanziaria, energetica, sanitaria e altro.

L’ESEMPIO DEGLI STATI UNITI

A riguardo, Pollari ha ricordato che negli Stati Uniti d’America è costume che il responsabile della comunità intelligence pressoché quotidianamente sia ricevuto dal presidente al fine di sottoporgli un numero di “casi” selezionati per importanza, delicatezza ed urgenza, rispetto ai quali è tenuto a esprimere il proprio giudizio, anche tecnico e probabilistico  sulla qualità e sull’affidabilità di quanto ha riferito, nonché a  formulare a quell’autorità politica valutazioni e proposte sulle misure da adottare.
È agevole supporre che l’atteggiamento del responsabile dell’intelligence rispetto alle informazioni, alle valutazioni offerte, ai pareri da lui resi ed alle sue conseguenti proposte di azione, di norma possano orientare e talvolta, addirittura, condizionare scelte politiche.

L’esposizione è, poi, proseguita con la trattazione di aspetti peculiari delle vicende di intelligence, come la natura e le peculiarità delle acquisizioni, la particolare posizione degli operatori, anche in funzione delle diversità degli ordinamenti di appartenenza, le carenze di estensione delle attività, la crescita esponenziale del bisogno di intelligence, specie negli ambiti della competizione economica e finanziaria, nonché la sorprendente, scarsissima informazione pubblica che caratterizza le scoperte energetiche degli anni 2000, specie nel Mediterraneo orientale.

L’INTELLIGENCE UMANA O TECNOLOGICA

Le modalità classiche delle acquisizioni di intelligence, com’è noto, avvengono per via umana o mediante l’utilizzo di tecnologie e delle conseguenti tecniche sempre più moderne e sofisticate. Ovviamente l’intelligence umana presenta intrinsecamente maggiori livelli di rischio, perché sconta il prezzo della fragilità della natura e della condizione dei singoli donne o uomini chiamati a svolgere le peculiari attività che la caratterizzano. Ed è forse per il poco equilibrato dosaggio fra utilizzo di intelligence umana rispetto a quella tecnologica una delle principali ragioni dei tragici fatti dell’11 settembre 2001. Quegli eventi  non hanno certo cambiato il mondo, ma il mondo ha “dovuto” rendersi conto di essere cambiato, con l’urgente necessità di comprendere e valutare il grande mutamento epocale da cui era ormai investito.

In quel clima, con l’accentuazione di ogni necessità di conoscenza, specie in prospettiva di prevenzione e tutela, oltre che di contrasto al terrorismo fondamentalista, pressoché tutti i Paesi del mondo hanno premuto l’acceleratore dell’utilizzo dell’intelligence quale punta avanzata di conoscenza e contrasto. E questi sopratutto nei Paesi, nei siti e negli ambienti più difficili, improbabili e pericolosi. Inoltre, analoga attenzione è stata rivolta all’interno di ciascun Paese, accentuando significativamente la domanda di intelligence, rafforzando o addirittura costituendo organismi deputati alla difesa. Si pensi, ad esempio, alla creazione di entità di homeland security in Paesi che, per antica tradizione e sensibilità sociale avevano ritenuto superfluo dotarsene.

LE DISTINZIONI TRA PAESI

Pollari si è, poi, soffermato sulla particolare condizione degli appartenenti agli organismi di intelligence dei vari Paesi, segnalando che i vari Servizi, ancorché appartenenti a Paesi alleati, non sono fra loro necessariamente alleati. La loro attività è, infatti, funzionale al bene comune e all’interesse specifico dello Stato di appartenenza che non coincide sempre e necessariamente con quello degli altri Stati per quanto, come detto, amici o alleati fra loro. Spesso, addirittura, confligge, in parte più o meno estesa. I diversi organismi poi, nei rispettivi ordinamenti possono avere funzioni, condizioni e ruoli diversi. Negli Stati Uniti, ad esempio, l’organo deputato al contrasto al controspionaggio è l’Fbi, cui sono attribuite, al contempo, funzioni tipiche di polizia giudiziaria. In Austria e in Svizzera i Servizi “interni” versano in situazioni affini a quelle dell’Fbi, quanto a funzioni ed attribuzioni. In altri Paesi, poi, gli organismi di Intelligence “tecnologica” sono diversi e separati da quelli classici.

Nelle attività di collaborazione tali peculiarità possono, talvolta determinare incompatibilità, affievolimenti, se non addirittura vuoti di attenzione, potendo generare l’”alibi” e il danno dell’assenza: in uno spazio lasciato vacante ci si nasconde e ci si può organizzare meglio. Oltretutto lo spazio lasciato “vuoto” da alcuni viene normalmente occupato da altri. Tali differenziazioni, dunque, richiedono di  essere ben  comprese e valutate sia a fini di utile cooperazione ed interscambio sia, in ultima analisi, per tutelare adeguatamente l’interesse nazionale. Un ulteriore aspetto interessante oggetto di trattazione ha riguardato la crescita esponenziale del bisogno di intelligence, specie negli ambiti della competizione economica e finanziaria.

L’internazionalizzazione e la globalizzazione hanno, poi, accentuato tale stato di cose stimolando concorrenza e competizione, estendendo sempre di più il bisogno di intelligence. Accanto all’intelligence istituzionale, che essenzialmente attiene a questioni militari o di politica internazionale, si è andata sviluppando, in modo sempre crescente, un’intelligence “altra”. Come, ad esempio,  l’Investigative Intelligence che riguarda la lotta alla criminalità e la Competitive Intelligence,  che attiene agli ambiti  imprenditoriali e aziendali. In questo quadro, a sua volta, si è particolarmente sviluppato il bisogno di Business intelligence intesa come insieme dei processi aziendali volti a raccogliere e ad analizzare informazioni strategiche, come la tecnologia utilizzata per realizzare questi processi.


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