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Thyssenkrupp vende Elevator, ma non ai cinesi. Tutti i dettagli

Il rischio che il più grande gruppo industriale nell’area della Ruhr finisse in mani cinesi è stato sventato. Elevator, il business degli ascensori, fiore all’occhiello della tedesca Thyssenkrupp passa nelle mani di un corsorzio anglo-americano per poco più di 17 miliardi di euro, nel solco di quella strada tracciata dal governo tedesco. Ovvero impedire, nei limiti del possibile, che gruppi altamente strategici dell’economia nazionale, fossero acquisiti da players cinesi.

ASCENSORI

Più di 17 miliardi di euro è la somma che pagherà al gruppo tedesco un consorzio di investitori finanziari anglo-americano, così come ha deciso la Cda. Si tratta dell’investitore americano Advent, della britannica Cinven e della RAG Foundation di Essen. Dal momento che quest’ultima già opera nell’area della Ruhr, almeno una piccola parte dei profitti resterà in loco. In precedenza c’erano state offerte da parte di concorrenti come Kone Oyj, Blackstone Group Inc., Brookfield Asset Management Inc. e Hitachi Ltd.

Il business degli ascensori – Elevator – è l’orgoglio di Thyssenkrupp ed è stato a lungo considerato invendibile: il più grande gruppo industriale nell’area della Ruhr fornisce ascensori e scale mobili in Cina, vende in Australia e ha come fornitori l’aeroporto di Perth. La divisione ha sviluppato ascensori che, grazie alla tecnologia della levitazione magnetica, scivolano attraverso le case senza una corda, anche in orizzontale. Ha 53.000 dipendenti in tutto il mondo.

PERCHÉ ORA?

Inizialmente l’idea del Ceo Guido Kerkhoff era solo di vendere una partecipazione nel business, il bene più prezioso di Thyssenkrupp. Ma Kerkhoff è stato sostituito a settembre 2019 dal Ceo ad interim Martina Merz: un passaggio che potrebbe spiegare il cambio di strategia aziendale, dal momento che il nuovo Ceo si è mostrato subito più incline ad una vendita del 100%. Ad oggi si sa che il gruppo reinvestirà 1,37 miliardi di dollari del prezzo di acquisto per acquistare una partecipazione nel business.

Merz ha subito osservato che la vendita sta “aprendo la strada a Thyssenkrupp al successo”. Nelle sue intenzioni c’è il rimborso di alcuni debiti in sospeso dal momento che l’indebitamento netto di Thyssenkrupp è stato di oltre 7,7 miliardi di dollari.

CINA, NO GRAZIE

Lo scorso autunno un’offerta era stata presentata da Hillhouse Capital, la società di private equity asiatica di Yale Zhang Lei. Con sede a Hong Kong aveva presentato un’offerta di oltre 15 miliardi di euro. Ma il governo tedesco aveva proprio in quei mesi intensificato il controllo sulle acquisizioni da parte di investitori esteri in settori chiave. Nell’agosto dell’anno scorso, il gabinetto della cancelliera Angela Merkel aveva posto il veto per la prima volta ad un accordo cinese, bloccando l’acquisizione del produttore tedesco di macchine utensili Leifeld Metal Spinning AG da parte del gruppo Yantai Taihai. Una banca di proprietà statale tedesca aveva inoltre acquistato la quota del 20% di 50Hertz Transmission GmbH, una delle più grandi reti elettriche del paese, per conto del governo, al fine di impedire un potenziale acquisto da parte della State Grid Corp. della Cina.

Tra l’altro Germania e Asia sono alle prese con una sorta di derby energetico: la prima vorrebbe battere la seconda nella corsa per la leadership globale dell‘idrogeno, così come annunciato ufficialmente dal ministro dell’economia Peter Altmaier (“La Germania assumerà un ruolo di leader globale nell’idrogeno”). Il governo tedesco crede molto nell’idrogeno verde come il petrolio di domani. Ma il Paese ha risorse energetiche rinnovabili limitate e un clima di investimento più costoso rispetto all’Asia.

twitter@FDepalo



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