Un nuovo Hitler chiamato Erdogan. Lo dice a Formiche.net Dimitris Deliolanes, già corrispondente in Italia della tv pubblica greca ERT e autore de “Colonnelli” per Fandango, secondo cui la crisi dei migranti con la Grecia a Evros è solo la punta dell’iceberg della strategia neo ottomana che tocca gas, geopolitica e mire espansionistiche, con la Nato ancora troppo mite e con l’Ue che si sta giocando non solo la sua credibilità, ma finanche la sua stessa sopravvivenza.
A Evros si rischia una nuova Idomeni?
Ci sono già le condizioni per una nuova Idomeni, anche se in questo caso al problema di per sé grave, si aggiunge lo strumento che ne fa Erdogan: di pressione contro Grecia ed Ue.
Come si intreccia la mossa di oggi con gli altri dossier aperti?
Arriva in un momento in cui i rapporti greco-turchi sono estremamente tesi, dal momento che è stato siglato l’accordo tra Turchia e Libia sulla presunta zona economica esclusiva. Per cui alla tensione già esistente sulla questione energetica e sulle annose rivendicazioni turche nell’Egeo, si somma quella del dossier migranti che fa da moltiplicatore. Un dato che a Idomeni non c’era.
Il governo greco si chiude a riccio ma sulle isole sono giunti 1000 migranti in 24 ore. Può bastare l’allarme di Frontex? Cosa dovrebbe fare l’Ue?
L’Europa sta avendo, come troppo spesso negli ultimi anni, un atteggiamento di ignavia e di rinuncia a prendere iniziative. Dovrebbe finalmente battere il pugno sul tavolo e comprendere che l’immigrazione è un problema comune che non può essere lasciato solo sulle spalle dei paesi di confine. Inoltre l’Ue dovrebbe capire che l’accordo sui migranti siglato con la Turchia e il processo di adesione sono due simulacri senza validità, dal momento che sono stati violati più volte da parte di Erdogan. Cambiare strategia radicalmente nei confronti di questo nuovo Hitler che sta nascendo nel Mediterraneo orientale: questo dovrebbe fare Bruxelles. L’Ue si sta giocando non solo la sua credibilità, ma finanche la sua stessa sopravvivenza secondo me.
Il ricatto di Erdogan sulla Siria può degenerare anche nei rapporti con Mosca?
Qui in Grecia, sin da quando iniziò il flirt tra Mosca e Ankara, la stragrande maggioranza degli analisti sorrideva sorniona, perché noi siamo un paese storico e sappiamo che storicamente Russia e Turchia sono stati da sempre nemici. Che ci fosse un avvicinamento lo abbiamo guardato con sottigliezza pesandolo come una cosa passeggera. La Russia ha investito molto nella protezione di Assad, impiegando risorse militari ma principalmente diplomatiche e politiche. Ora non può arrivare Erdogan, membro Nato, e imporre le sue condizioni per lo più assurde. Ricordo che la battaglia si sta combattendo in terra siriana, dove i soldati turchi entrati non erano autorizzati. Il problema politico vero è capire cosa si inventerà adesso Erdogan per restare al potere, dopo aver aperto mille fronti ed essersi giocato tutte le carte di egemonia nel mondo sunnita, puntando su una rapida caduta del regime di Assad. La situazione per lui è drammatica.
È ipotizzabile prevedere il suo prossimo passo?
Qui ad Atene si pensa che potrà solo esasperare le tensioni di tipo imperiale nell’Egeo e a Cipro, prendendosela con il vicino più debole.
Dipartimento di Stato ed Eliseo si sono già schierati con Atene. C’è il pericolo di un’escalation con la Turchia a questo punto?
Un incidente è possibile. Lo chiamiamo kaftò episodio, un fatto bollente. Un rischio reale che gli ultimi due governi hanno sempre sottoposto a Ue e Nato. Ma sulla Nato c’è da aprire un dibattito: qualche giorno fa il numero uno dell’alleanza ha smentito la natura difensiva della Nato stessa, intervenendo a proposito di Turchia e Siria. Sta perdendo il suo senso politico, confermando il suo stato comatoso così come denunciato mesi fa dal Presidente francese Emmanuel Macron. Ma il principale fronte che tocca Atene è l’Ue e in particolare Parigi, che ha dimostrato di essere primario soggetto a difesa della legalità nel Mediterraneo orientale, oltre che Washington con i nuovi rapporti bilaterali.
La dottrina Davutoglu è linea rossa che accomuna la crisi dei migranti, il trattato siglato con Al Serraj per la delimitazione marittima, gli sconfinamenti aerei degli F-16 sui cieli ellenici e le perforazioni illegali nelle acque di Cipro a caccia di gas?
Si tratta di un dibattito che si sta svolgendo da molto tempo nei circoli mediterranei, non solo greci. Sicuramente la base della visione neo ottomana sposata da Erdogan è quella predicata dall’ex premier, ma nel corso della sua applicazione ci sono state grandi deviazioni che hanno provocato anche una rottura personale tra i due. Erdogan ha seguito l’ideologia islamista, mentre Davutolgu no. Il primo ha voluto aprire controversie con tutti i vicini, mentre il secondo avrebbe preferito cordialità e rispetto. Quindi Erdogan ha imboccato una strategia da poker con continui rilanci nella speranza che alla fine, anche se perdente su qualche tavolo, fosse vincente su altri. Ora siamo in un punto critico, visti i problemi finanziari della Turchia.
Potranno essere un oggettivo deterrente?
Colgo l’occasione per esprimere il mio cordoglio per quegli imprenditori italiani che hanno fatto grossi investimenti in terra turca e che oggi si trovano in difficoltà. Per cui al netto di questo quadro per Erdogan sarà difficile uscire vincitore. In Siria può ritirarsi oppure restare, ma con una ecatombe di morti e un’altra umiliazione. Appare evidente che a giocare a poker qualche volta si vince, ma molto più spesso si perde.