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L’incantesimo da spezzare

L’incantesimo da spezzare
 
L’economia va male e la politica dov’è? Sembra una Bella Addormentata, del tutto sopita nel bosco italiano. Si discute molto della presenza dello Stato nel mercato ma assai poco del ruolo e delle responsabilità di chi fa (o dovrebbe fare) politica. L’incubo della recessione turba il sonno di tutti. Preoccupa l’effetto perverso che può produrre. La crisi è molto diversa da quella del ‘29 ma, a differenza di allora, oggi ci sono i media e le conseguenze non sono affatto positive. L’allarmismo di giornali e tg finisce per alimentare una sorta di moltiplicatore negativo. Nei prossimi mesi o anni si studierà quanto di psicologico vi è in questa tempesta finanziaria. Solo la politica può dare risposte efficaci dal punto di vista sia economico che psicologico di massa. Gli americani hanno scelto di proteggersi nella discontinuità e nell’icona di un nuovo Kennedy. Proprio le mosse di Obama rappresenteranno una chiave fondamentale per interpretare il seguito della crisi. Noi europei, che tanto siamo rimasti affascinati dal leader democratico, dovremmo più di altri temere la politica protezionista del neo presidente Usa. L’Europa non potrà sfuggire alle proprie responsabilità e tanto meno potranno farlo i singoli Stati.
In Italia, la presenza virtuosa delle piccole e medie imprese e quella viziosa di una non marginale economia grigia attenua la gravità di un debito pubblico asfissiante e che non può in alcun modo essere incrementato. Servirebbero ingenti quantità di denaro pubblico ma proprio i disavanzi collezionati negli ultimi trent’anni ci tengono le mani legate. Ecco perché serve la politica. Bisogna decidere, infatti. Si possono sostenere l’offerta attraverso gli incentivi alle imprese, magari quelle grandi come nella filosofia di Confindustria, oppure la domanda con incentivi alle famiglie (es.: raddoppio degli assegni familiari). Si possono destinare risorse pubbliche a favore di singoli progetti industriali oppure destinarli al welfare e al finanziamento di indennità di disoccupazione e cassa integrazione (magari per le imprese da 25 e non da 50 addetti). Formiche è schierata dalla parte della domanda (famiglie e pmi). Con ogni probabilità sbagliamo ricetta. Ma vorremmo che di questo si discutesse seriamente avendo a cuore l’interesse nazionale e non quello di chi, magari, controlla i grandi quotidiani. Alla guerra delle lobbies non è detto che vinca quella giusta. La politica, insistiamo, deve tornare in scena. Nelle prossime settimane si discuterà di federalismo: può essere l’occasione per tagliare le provincie. Questo sì che sarebbe un taglio comprensibile all’opinione pubblica. Se si vuole salvare il Paese dalla recessione, bisogna che un principe svegli la Bella Addormentata.


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