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Referendum? Bye bye. Così il governo si mette in auto quarantena

Adesso anche il governo si è messo in quarantena. Il referendum confermativo sul ddl per il taglio dei parlamentari non si terrà il 29 marzo. È quanto riporta l’agenzia Reuters mentre termina il Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi sull’emergenza coronavirus. Dopo due ore di confronto per gestire l’epidemia, che finora secondo la Protezione civile presenta un bilancio di 2263 contagiati e 79 vittime, il Cdm ha deciso di rimandare a data da destinarsi la consultazione referendaria.

La notizia era stata anticipata ieri ai rappresentanti del Comitato per il no in un incontro al Viminale, dove si erano recati per discutere con il ministero dell’eventuale rinvio e chiedere di evitare a tutti i costi l’accorpamento del voto referendario con le elezioni amministrative. Le condizioni di emergenza avevano da giorni fatto presagire un rinvio. In tre regioni del Nord, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, non ci sono i presupposti sanitari per poter organizzare le urne, anche perché non è escluso che la chiusura delle scuole prevista dal decreto approvato questo mercoledì possa essere prolungata nelle regioni più esposte.

Anche l’ultimo residuo della polemica politica, la campagna per confermare il taglio dei parlamentari passato lo scorso 8 ottobre con il voto quasi unanime in Parlamento (553 favorevoli, 14 contrari,  2 astenuti), finisce dunque in sordina a causa dell’epidemia.

Il rinvio di un referendum a così pochi giorni dalla scadenza non ha molti precedenti. Nel 2016 il governo Renzi valutò di rimandare il voto referendario sulla riforma costituzionale di dicembre a causa delle difficoltà delle regioni del Centro Italia di votare a soli tre mesi dal terremoto che ha sconvolto Amatrice. Alla fine però la data del 4 dicembre fu confermata dal Cdm.

Ora sul piatto c’è la possibilità di prevedere un unico election day il 17 o il 31 maggio, date rispettivamente del primo e del secondo turno (ballottaggio) delle elezioni amministrative nelle regioni di Marche, Puglia, Campania, Toscana, Liguria e Veneto. Nello stesso giorno si dovrebbero tenere le elezioni comunali in alcuni importanti comuni, come Venezia, Bolzano, Trento, Macerata, Matera, Chieti, Agrigento, Reggio Calabria e Arezzo.

L’ipotesi di un election day unico, che la Costituzione non vieta per un referendum confermativo, rischia comunque di creare più di un mal di pancia. A partire dai Comitati del no, che, parola della Fondazione Einaudi, ritengono lo slittamento un danno all’informazione degli elettori.”L’emergenza sanitaria rende amara e tuttavia comprensibile la decisone – scrive in un comunicato la fondazione – Ma intendiamo essere chiari sin d’ora. Qualora il Governo intendesse proporre un accorpamento con elezioni amministrative, i nostri costituzionalisti e gli avvocati sono già al lavoro per valutare tutti i possibili ricorsi avverso tale gravissima violazione delle basilari norme democratiche. Infatti al danno della mancata assicurazione di adeguata informazione attraverso i media, ad iniziare dalla TV pubblica si aggiungerebbe la beffa di un referendum che sarebbe inevitabilmente travolto dalla battaglia tra i partiti”.

Anche nelle opposizioni la decisione promette di far discutere, perché spostare il referendum a maggio significa chiudere una volta per tutte la finestra elettorale estiva, rimandando con ogni probabilità qualsiasi ipotesi di un ritorno alle urne. È anche vero che tenere il referendum a fine marzo impedirebbe non solo di informare i cittadini delle regioni del Nord, visto che la campagna elettorale è bloccata, ma anche, se dovesse essere esteso il decreto d’emergenza, la stessa partecipazione al voto.

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