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Che succede se collassa il mercato delle auto in Cina. Lo spiega Bricco

Se c’è un pezzo di industria che sta pagando più degli altri lo scotto del coronavirus, è l’industria dell’auto. In Cina, epicentro dell’epidemia globale, il virus sta devastando un mercato che da solo tiene in vita il Pil della Terra. Le azioni di contenimento messe in atto da Pechino, i timori di infezioni e quelle sulla tenuta dell’economia hanno spinto infatti i consumatori a rimandare gli acquisti di vetture, lasciando semi-deserti gli showroom dei concessionari cinesi. Il risultato è un drastico calo delle vendite a febbraio, l’80% in meno rispetto allo stesso mese del 2019 secondo la China Passenger Car Association (Cpca). Un tracollo.

E non è tutto. Moody’s prevede che in Cina le vendite di automobili diminuiranno ulteriormente del 2,9% nel 2020 a causa della domanda più debole da parte dei consumatori e delle imprese, nonché della riduzione della produzione. Per avere un rimbalzo occorrerà aspettare il 2021, quando le vendite ricominceranno a crescere dell’ordine del 2,5%. Formiche.net ne ha parlato con Paolo Bricco, scrittore, saggista e inviato del Sole 24 Ore, esperto di grandi questioni industriali.

TERREMOTO CINESE

La domanda da farsi è: un simile tracollo era in qualche modo prevedibile? “Il mercato cinese”, spiega Bricco, “è un mercato fortemente sovvenzionato e in cui c’è una propensione all’acquisto che è il risultato sì di consumi reali ma anche di come il governo droga tale spinta agli acquisti, attraverso un meccanismo di capitalismo di Stato. Ci sono segmenti dell’auto, come l’elettrico, che sono stati sovvenzionati tantissimo dal governo, e nei fatti la Cina ha costruito un mercato a parte, per certi versi drogato dal governo, non naturale. Di conseguenza, un mercato pompato dinnanzi a una calamità come questa, uno choc di tali dimensioni, paga tantissimo. Quindi sì, ce lo aspettavamo ma forse non in questi termini, non in questa entità”, annota Bricco. Ora il problema “sono le catene di valore globali, sulle quali è costruito il mondo. E queste catene sono riconducibili direttamente alla Cina. Per questo la crisi del mercato cinese rischia di avere un ruolo non indifferente nella recessione mondiale”.

I RISCHI GLOBALI

Chiarita l’origine del disastri cinese, Bricco fa un passo avanti, provando a calcolare il danno globale. “Il mercato dell’auto, nel mondo, dove i margini sono bassi e la concorrenza fortissima, subirà un effetto molto pesante. Mi spiego, quando i margini delle principali case automobilistiche sono risicati, uno scossone di questo calibro li annulla e anzi rende negativi tali margini. Questo vale per tutti, a livello globale e ovviamente per i costruttori di auto. In Europa le case automobilistiche avranno molte difficoltà, come Renault, Fca e Peugeot mentre per esempio i marchi del lusso, che hanno invece margini più alti, avranno problemi in loco, ovvero in Cina”.

IL FUTURO DI FCA E PEUGEOT

Tra le case automobilistiche europee legate a doppio filo alla Cina, c’è sicuramente Peugeot e la sua promessa sposa, Fca. Proprio oggi, il ceo di Peugeot e futuro capo di Fca-Psa, Carlos Tavares, ha annunciato che il gruppo ha intenzione di rimanere in Cina pur dovendo rivedere la strategia industriale, una volta perfezionata la fusione. “In realtà Fca e Paugeot non sono il gruppo che rischia di più, Fca non ha mai fatto grossi investimenti in Cina, la quale anzi, al contrario è sempre stata il tallone d’Achille di Fca. Il punto è capire cosa possa capitare a livello globale per le case, sapendo che il collasso del mercato dell’auto in Cina può davvero essere una della cause della crisi mondiale”.

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