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La Wipo? È l’inizio di uno scontro Occidente-Cina all’Onu. Parla Gowan

Gli Stati Uniti hanno ottenuto un’importante vittoria diplomatica la scorsa settimana: sono riusciti a evitare che la Cina conquistasse anche la guida della Wipo, l’agenzia Onu per la proprietà intellettuale. Washington è riuscita a fare squadra con i Paesi europei – cosa non successa l’anno scorso per la Fao – per far eleggere nuovo direttore generale dell’ente dei brevetti Daren Tang, candidato di Singapore. 

Pechino rimane comunque un’eccezione: nessun membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite controlla più di una delle 15 agenzie. Pechino fa molto di più, ne controlla quattro, come ricordavamo su Formiche.net commentando l’esito delle votazioni per la Wipo: l’Unido, che si occupa di sviluppo industriale; l’Itu, l’organismo per le telecomunicazioni sempre piuttosto morbido su Huawei; l’Icao, l’ente dell’aviazione civile protagonista nei giorni dell’esplosione dell’epidemia Coronavirus per le sue politiche anti Taiwan; la Fao, competente su cibo e agricoltura. 

Ma qualcosa, con il voto per la Wipo, potrebbe essere cambiato. E non soltanto nell’approccio statunitense al multilateralismo. Anche i Paesi europei sembrano insofferenti verso lo strapotere di Pechino. Potrebbe essere l’inizio di uno scontro tra la Cina e l’Occidente alle Nazioni Unite. Ci ha spiegato il perché Richard Gowan, UN Director dell’International Crisis Group.

Che cosa significa l’elezione di Daren Tang dalla prospettiva statunitense?  

È un’importante vittoria multilaterale per gli Stati Uniti che arriva dopo che Washington non era riuscita a impedire che Pechino conquistasse la guida della Fao l’anno scorso. Da qualche tempo l’amministrazione Trump stava mettendo in guardia dall’influenza crescente della Cina alle Nazioni Unite ma fino a questa settimana Pechino sembrava essere ancora in ascesa. Gli Stati Uniti saranno sollevati dal fatto che la Cina non abbia ottenuto anche la Wipo.  

E dalla prospettiva cinese? Ricordiamo che soltanto l’anno scorso il leader Xi Jinping parlava di un Paese deciso a svolgere “un ruolo attivo nel guidare le riforme del sistema di governance globale”.

È motivo di imbarazzo per la Cina, che da alcuni anni sta cercando di posizionarsi come campione del multilateralismo. Questi sforzi hanno preoccupato non soltanto gli Stati Uniti ma anche i Paesi europei e altri Stati di peso alle Nazioni Unite. Non credo che Pechino rinuncerà alla sua agenda multilaterale dopo una battuta d’arresto come questa. Ma i politici cinesi dovrebbero rendersi conto che i loro costanti sforzi per conquistare sempre più posti di vertice alle Nazioni Unite hanno innervosito gli altri Paesi, convinti che certe posizioni debbano essere condivise a livello globale.

Dopo i risultati a Ginevra (sulla Wipo) e la vittoria di un anno fa al Consiglio di sicurezza l’anno scorso (respingendo una risoluzione palestinese contro il piano Kushner), Washington ha compreso il gioco delle Nazioni Unite? Il presidente Donald Trump ha riscoperto il multilateralismo? 

Non penso che il presidente Trump si sia innamorato delle Nazioni Unite! Questa amministrazione rimane molte scettica verso l’approccio multilaterale. Ma penso che il team di Trump abbia realizzato che se non si fosse mossa con maggior decisione per contrastare l’ascesa della Cina, Pechino avrebbe molto semplicemente preso il controllo del sistema delle Nazioni Unite pezzo per pezzo. Sono convinto che stiamo entrando in un periodo in cui Cina e Stati Uniti si sfideranno per il controllo delle agenzie delle Nazioni Unite. Stiamo anche assistendo a crescenti tensioni tra Cina e Occidente al Consiglio di sicurezza, in particolare sullo Xinjiang.

Pensa che il caso Fao dell’anno scorso sia servito da sveglia per gli Stati Uniti?

Certo. Prima della sconfitta della Fao, politici come il segretario di Stato Mike Pompeo già manifestavano preoccupazione circa l’influenza cinese alle Nazioni Unite. Ma allora la diplomazia statunitense presso le agenzie Onu era ancora piuttosto disorganizzata e Washington si coordinò molto male con i suoi alleati europei nel caso della Fao, regalando alla Cina una facile vittoria. I funzionari statunitensi sono rimasti colpiti da quella sconfitta e sono certo che l’esperienza li abbia resi molto più attenti alla sfida della Wipo.

Il risultato alla Wipo è anche il frutto di una certa frustrazione diffusa nel mondo verso la Cina?

È importante tenere presente che Singapore aveva un candidato forte per la direzione della Wipo e ha condotto già da solo una buona campagna. Ma non c’è dubbio che abbia beneficiato anche della preoccupazione, diffusa in molti Paesi, che la Cina stia cercando di mettere le mani su pezzi importanti del sistema multilaterale per promuovere la propria agenda economica. A molti membri delle Nazioni Unite non piace criticare pubblicamente la Cina, perché è un attore centrale all’Onu su questioni come il cambiamento climatico. Ma allo stesso tempo pensano che Pechino stia accumulando troppo potere, troppo in fretta.

A proposito di organizzazioni internazionali: in questi tempi di coronavirus si parla molto dell’Organizzazione mondiale della sanità alternativa. Secondo Axios, Pechino sta cercando di utilizzare questa epidemia, inizialmente un disastro per l’immagine pubblica, in un’opportunità per il suo ruolo di leadership globale e per il suo soft power. Tra le varie idee, un’Oms alternativa a guida cinese. Che cosa ne pensa?

Non so quanto seriamente prendere la storia di Axios, ma offre un’idea su quello che i funzionari cinesi potrebbero decidere di fare nel caso in cui gli Stati Uniti e i loro suoi alleati continuassero in futuro a sbarrare la strada a candidati cinesi per incarichi di vertici alle Nazioni Unite . Se la Cina si sentisse tagliata fuori dalle istituzioni multilaterali esistenti, potrebbe iniziare a cercare di creare organismi internazionali alternativi per promuovere la propria agenda.



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