La strategia del ministero della Salute spagnolo segue quella di altri Paesi europei, cercando di rallentare la diffusione del virus con tutte le misure possibili al fine di mantenere il numero di tamponi da eseguire e i ricoveri ospedalieri il più basso possibile. Ma nonostante tutte le precauzioni, medici e operatori sanitari a Madrid temono che la diffusione rapida provocherà a breve il crollo del sistema. A causa dell’elevato afflusso di pazienti, gli ospedali della città e della regione circostante stanno raggiungendo la loro massima capacità. Come in tanti paesi europei, negli ultimi anni sono stati fatti anche in Spagna notevoli tagli all’assistenza sanitaria a causa della crisi economica, e molti temono che se ne pagherà il caro prezzo oggi. L’intera regione di Madrid dispone di 33 ospedali pubblici e 50 ospedali privati, ma mentre la popolazione della regione è aumentata di mezzo milioni a oltre 6,5 milioni tra il 2010 e il 2018, il numero di dipendenti nel settore sanitario è diminuito di 3.300.
Inoltre, vi è una carenza di risorse: il governo nazionale raziona attrezzature mediche come maschere, guanti, occhiali e indumenti protettitivi. José Arribas, portavoce del governo regionale di Madrid per la gestione dell’emergenza ha dichiarato a El Pais: “Siamo senza indumenti protettivi. Presto non avremo nessun letto disponibile nelle terapie intensive. La risposta al coronavirus deve essere la priorità nazionale numero 1”. Sullo stesso tenore anche Santiago Moreno, capo delle malattie infettive dell’ospedale Ramón y Cajal: “Diversi ospedali sono già oltre il limite. Il problema non è tanto l’impatto sulla salute degli individui, poiché spesso si tratta di un’infezione lieve. Il problema è un picco delle infezioni a breve termine, dobbiamo evitarlo a tutti i costi perché distruggerebbe il sistema”.
El Mundo riporta che il governo regionale di Madrid ha inviato sabato una lettera rabbiosa al ministero della Salute nazionale, avvertendolo della “situazione critica” causata dalla mancanza di dispositivi di protezione individuale. Nella lettera Madrid parla di “problemi molto seri”, chiedendo “soluzioni immediate”.
Questa mattina El Pais ha anche riportato la storia di un madrileno di 64 anni che aveva chiamato i servizi di emergenza giovedì scorso perché sua madre di 96 anni aveva una grave tosse improvvisa e problemi respiratori. È stata portata in ospedale venerdì, dove è stata curata per una bronchite. “Nessuno indossava indumenti protettivi. Quando abbiamo chiesto di testarla per il coronavirus, ci hanno detto che i sintomi non corrispondevano”. Sabato è stata portata in un altro ospedale, ma anche lì non è stata sottoposta al tampone. Fino a quando domenica, tornando dalla mensa dell’ospedale, l’uomo ha trovato sua madre circondata da medici e infermieri con indumenti protettivi, sottomettendola finalmente al test. Ieri, martedì, è finalmente arrivato il verdetto: sua madre è effettivamente una delle oltre 1.000 persone infette. E con quella conferma è arrivato il caos, racconta il figlio: “Ho chiamato il primo ospedale per avvertirli, dal momento che nessuno aveva indossato indumenti protettivi. Ho chiesto cosa dovevo fare, dato che avevo dormito nella sua stanza, ma nessuno mi sapeva rispondere, neanche alla linea di informazioni appositamente istituita”.
Da mercoledì 11 marzo, tutte le scuole e le università a Madrid sono state chiuse per le prossime due settimane. Numerosi eventi sono stati cancellati e le competizioni sportive si devono svolgere a porte chiuse. Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha dichiarato questa mattina che la Spagna farà “ciò che è necessario, dove è necessario e quando è necessario. Saranno settimane difficili e il bilancio sarà pesante, ma ce la faremo”. Sánchez ha difeso le azioni intraprese finora dal governo, il quale secondo lui ha adottato tutte le misure appropriate al momento. Nell’intero Paese sono stati registrati finora 2.200 contagiati e 50 morti.