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Chiese chiuse o no? Il commento di Riccardo Cristiano

Non c’è pace con le chiese italiane. Prima se ne parlava perché sarebbero state sempre più vuote. Ora che si sono sospese le messe per il coronavirus ma si è deciso di lasciarle comunque aperte diventerebbero un veicolo di diffusione dell’epidemia. Ma non erano deserte? Che tanti italiani in queste ore si riversino in chiesa, tanto da non poter rispettare la distanza di sicurezza, sembra proprio strano. Eppure la discussione non si arresta, da ieri.

La sospensione delle celebrazioni eucaristiche aveva già riaperto un dibattito ampio, che ogni giorno sembra arricchirsi di un nuovo risvolto: c’è una qualche relazione tra fede e ragione? Questa certezza, che fede e ragione vadano a braccetto, è stata ribadita anni fa dal pontificato ratzingeriano come suo caposaldo. Ora alcuni la ritengono un tradimento della fede, da addossare ovviamente a Papa Francesco e alla Cei che ha accettato di non celebrare funzioni aperte ai fedeli per evitare la diffusione del virus. Elementare, verrebbe da dire. Ma non per tutti.

Un esempio molto importante è quello espresso da Dalmazio Frau su Totalita.it. Proviamo a riassumere questo punto di vista. Partirei citandone letteralmente l’inizio. “Non siamo più nel Medio Evo! Contenti voi e, soprattutto, contenta la Cei, che ha emanato precise direttive alquanto contraddittorie se osservate da un punto di vista della Fede cattolica, ma anche cristiana in generale, che farebbero sospettare che i primi a non credere siano proprio molti vescovi – e di conseguenza gli altri religiosi – di questo disgraziato Paese.”

Dalmazio Frau ci invita a fare un passo indietro e tornare nella Roma di Gregorio I, quando una solenne processione penitenziale giunse alla Mole Adriana in tempo utile per vedere l’arcangelo Michele rinfoderare la spada, preannunciando la fine dell’epidemia. Le orme dell’Arcangelo, ci ricorda, sono ancora esposte nei musei capitolini.

Il punto di vista, come tutti gli altri, è lecito. Difficile invece capire perché si debba procedere nello stesso testo, sostenendo che la scelta della Cei di non celebrare messe, invece di convocare nuove processioni, li assimili a quella che viene definita “la feccia luterana.”

Comunque, il discorso prosegue affermando che non celebrare in pubblico equivale ad affermare “ l’impotenza divina davanti a una forma vivente – lo stupido coronavirus e simili – che come tali dovrebbero ricadere sotto la sua giurisdizione come Pantocratore.”

La polemica ha riguardato anche lo Stato, che avrebbe violato il concordato, ma ovviamente ha riguardato soprattutto Francesco, che avrebbe consentito di cedere ai violatori del concordato. Ma il Concordato è chiarissimo e non dà alla Chiesa la competenza sanitaria per poter giudicare se vi sia o no uno stato di emergenza in materia sanitaria o un’epidemia o un pericolo per la salute pubblica. Pensarci, ripensando ai tempi passati e alle processioni salvifiche narrate da Alessandro Manzoni, può far tirare un sospiro di sollievo. Basta pensare alla processione presieduta dal celeberrimo cardinal Federigo. A differenza di quanto sarebbe accaduto a Roma ai tempi di Gregorio I, la processione del 1630 non fece diminuire i contagi. L’ignoranza dell’esistenza stessa di virus e batteri al tempo poi fu esiziale. Concentrati sugli untori si perdeva di vista il vero nemico, per ignoranza, non per volontà divina.

Ma tutto appare far brodo pur di attaccare Francesco e diffondere un’idea della fede contraria alla ragione. Basti aggiungere che in queste ore aumentano vertiginosamente i click sui siti che offrono un’incredibile ricostruzione di un’ultima parte del terzo segreto di Fatima, che sarebbe tenuta segreto dal Vaticano. Maria vi direbbe che o l’umanità si sbriga a pentirsi dei suoi peccati o ella stessa chiederà a Dio onnipotente di mandare l’angelo sterminatore, cosa che farebbe quando lo stesso vaticano finirebbe nelle mani dell’Anticristo.

Cercare di infangare, di demonizzare Francesco è opera cara a tanti gruppetti di cui val la pena dar conto per distrarsi e così facendo però capire qualcosa di più. Ad esempio che la sua Chiesa “ospedale da campo” ce la siamo dimenticata troppo presto. Era un’ insopportabile “sociologia o gesuitico di sinistra”? O era un modo per tenere ancorate fede e ragione? I senzatetto in queste ore dove troveranno riparo se non ci fosse l’ospedale da campo di Francesco? E quelli che vivono con un lavoro nero forse troncato nelle ore trascorse dove potranno bussare se non all’ospedale da campo di Francesco?

È qui, nell’ospedale da campo di Jorge Mario Bergoglio, quello che c’è nelle nostre città, quelle dove risiede ciascuno di noi, che il rapporto tra fede e ragione diviene più chiaro. Come è stato anche, di recente, ai tempi di altre irragionevoli chiusure. Poi, per fortuna, la raccomandazione a non essere drastici consentirà a chi voglia cercare conforto sui banchi di una chiesa di accedervi. Certo. Perché Francesco è uomo di fede e la ragione sa andare a braccetto con la fede.



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