Una guerra ha diversi fronti. Si combatte con armi simmetriche o asimmetriche sul terreno, nei cieli e nelle acque. Si lotta a livello economico e politico. Si conquista la collina metro dopo metro. E poi in una guerra c’è il morale: la tenuta psicologica che non ti annienta nel panico, la forza che ti tiene in piedi durante la tempesta, l’umorismo che ti fa trovare uno spiraglio di luce nell’orrore.
In questi giorni, il nostro Paese nonostante tutto sta dando prova di una grande forza morale. Trovando soluzioni inaspettate per motivarsi, ritrovarsi nella distanza, riscaldare il proprio animo.
I BALCONI: LA NUOVA TRINCEA
Chi lo avrebbe mai immaginato che un balcone di casa potesse diventare uno dei versanti di lotta alla guerra contro un virus. Eppure è accaduto.
Venerdì 13 marzo in tutta Italia sono partite diverse iniziative: molte sul web, come varie dirette streaming con artisti e opinionisti che hanno fatto sentire la loro presenza. Ma quella che mi ha colpito di più per autenticità, forza, presenza, calore ed empatia è stato il flashmob che ha chiamato tutti sui balconi.
Nella serata di venerdì 13 marzo l’Italia, forse anche inaspettatamente, si è ritrovata cantando.
Chi sventolava il tricolore, chi batteva pentole con cucchiai di legno, chi con arpe, flauti e trombe intonava inni, chi semplicemente rimaneva in ascolto e si commuoveva.
Credits: foto a cura di Stefania Mairone
Oppure gli applausi di mezzogiorno del sabato 14 marzo. L’Italia dai balconi plaude ai suoi medici, ai suoi infermieri, a tutti gli operatori sanitari. Un esempio per il mondo.
Credits: Ansa
Ancora una volta queste iniziative dimostrano quanto grande sia e sarà l’impatto di questo cigno nero e di come si stiano rivedendo le nostre priorità.
Questo flagello come ha detto anche Francesco Morace in un suo post facebook sta modificando le nostre necessità: “Potremmo chiamarlo il Virus del Contrappasso. Minaccia il respiro ma migliora la qualità dell’aria. Costringe a casa le famiglie ma riconsegna ai genitori il ruolo di educatori. Ridicolizza l’intelligenza artificiale vendicando il mondo animale più selvatico. Penalizza il contatto fisico dimostrandone l’insostituibilità. Elimina gli eccessi dando forza all’essenziale. Favorisce lo smartworking chiarendone i limiti di smartness. Elimina gli alibi maschili parificando i ruoli domestici. Isola le persone indicando il bisogno di reciprocità. Disarma la discriminazione selettiva alimentando la coscienza sistemica. Non credo al castigo biblico ma Dante era un genio”
BALLANDO CON L’APOCALISSE
Come dice Morace non è un castigo biblico. Piuttosto è un’apocalisse. Non intesa in senso religioso ma sociologico. È stato infatti Ernesto De Martino, grande antropologo italiano del secolo scorso, a parlare di apocalissi culturali intendendo con questo termine i cambiamenti catastrofici e irreversibili che quando si manifestano cambiano per sempre il volto di una comunità.
Ogni generazione ha avuto la sua Apocalisse: i nostri bisnonni hanno vissuto la prima guerra mondiale, i nostri nonni la seconda, i nostri padri il Sessantotto e tutti gli anni Settanta della grande contestazione sociale. E poi il muro di Berlino, le Torri Gemelle, il terrorismo nelle strade, la crisi economica, la rovina ambientale. Noi adesso abbiamo il coronavirus.
Ogni apocalisse sancisce la fine di un paradigma di vita e della corrispettiva organizzazione culturale in favore di un nuovo assetto di potere, di interessi, di scienza, di comportamento e di consumo. Di fronte a tutto questo diceva De Martino ci possono essere due atteggiamenti:
– la paranoia distruttiva: finisce il mondo quindi mandiamo all’aria tutto nel collasso collettivo;
– il coraggio sistemico: finisce un mondo e ne dobbiamo costruire un altro senza abbandonarci alla paura e all’isteria.
Questi atteggiamenti li stiamo attraversando entrambi. Ma venerdì 13 marzo nel vedere suonare e danzare le persone sui loro balconi mi sono commosso e mi sono detto che forse siamo più forte del cataclisma che ci sta colpendo. Possiamo superare lo scoramento. Mi sono emozionato anche perché mi sono ricordato di aver scritto – tra ottobre e dicembre 2019 – un libro uscito il 5 febbraio 2020 che si intitola proprio “Ballando con l’Apocalisse”.
Non chiedetemi quale intuizione mi abbia guidato, ancora non lo so. Avevo ed ho solo la consapevolezza che siamo entrati in un periodo straordinario che durerà molto tempo e che richiederà a tutti noi la super-attivazione di ogni nostro senso, pensiero, sensibilità, atteggiamento umano.
E solo la vibrazione cardiaca, il coraggio sistemico appunto, potrà tenere testa alle sfide che dovremo affrontare. Ora c’è il virus. Poi arriveranno l’economia, la politica, la socialità.
Dovremo costruire da zero un nuovo mondo, con un nuovo patto di cittadinanza locale e globale, nuove regole per i brand, nuovi leader politici. Perché un’intera generazione planetaria di cittadini, consumatori, clienti, esseri umani carichi di passioni di tutti i tipi sarà alla ricerca di leader, istituzioni e marchi coraggiosi che rappresentino qualcosa di più grande dei prodotti o delle idee che vendono. Brand, ceo, ad, top manager, politici, capi, guide… che incarnino un ethos ispiratore, portino un punto di vista esistenziale forte e agiscano per avere un impatto positivo nel mondo.
Adesso lo so. Possiamo “ballare” con questa apocalisse e insieme superarla. Ci stupiremo della nostra forza collettiva.