Come convivono la tutela della salute e il diritto alle libertà personali durante l’emergenza sanitaria di questi giorni? Big Data in campo contro il Covid19: che cosa accadrà al sistema italiano?
Secondo l’ex Garante della privacy Francesco Pizzetti, professore ordinario di diritto costituzionale a Torino e alla Luiss, in Italia due Dpcm hanno stabilito la possibilità di derogare da parte degli operatori impegnati nella lotta al Coronavirus le normative di protezione dati, ma senza specificare che questo autorizzasse anche all’uso dei dati di comunicazione telefonica, senza definire con precisione chi potesse farvi ricorso e senza definire le garanzie e le modalità.
Secondo alcuni studi, il tracciamento digitale dei potenziali contagiati da Covid19 è essenziale per fermare l’epidemia: come convive questo dato con la tutela della privacy e con le norme italiane ed europee a riguardo?
Non c’è dubbio che la società digitale, che appartiene ad un’altra epoca rispetto a quella della società industriale, offre possibilità di controllo sulle persone in misura molto incisiva. Tale modello di tracciamento degli spostamenti, anche avvalendosi dei dati digitali, è stato molto promosso sia dalla Corea del Sud che da altri paesi prevalentemente del sud est asiatico, credo Cina compresa. Noi in Europa abbiamo una lunga tradizione di regolazione dell’uso di accessi digitali o di dati relativi agli spostamenti e alle telefonate fatti grazie al Data Retention.
Fino ad oggi in Europa e soprattutto in Italia è stato utilizzato per finalità di giustizia.
E lo abbiamo anche regolato: ovvero per quanto tempo i gestori telefonici dovevano conservare i dati della navigazione internet, quelli relativi alla localizzazione degli apparecchi, e chi aveva diritto di accedere a questi dati così archiviati, ovvero l’Autorità Giudiziaria e solo in alcuni speciali casi per finalità di antiterrorismo. Adesso, dal momento che ci troviamo in una situazione emergenziale, si è posto il problema di far ricorso al Data Retention per finalità di tracciamento nel contrasto all’epidemia.
Con quali difficoltà?
Occorrerebbe una legislazione specifica sia rispetto ai provider telefonici o fornitori di servizi che definisca se hanno o meno il dovere di tenere i dati relativi a queste attività online, i limiti di tempo per la conservazione, quando scatta l’obbligo di cancellarli, e chi ha diritto di accedere a tali dati e attraverso quali garanzie. Nel caso del Data Retention nota fino ad ora, tutto ciò era molto regolato con il possibile accesso dell’Autorità Giudiziaria o dell’Autorità di sicurezza dopo il via libera da parte di un giudice e la conservazione nei cosiddetti silos di dati fino a 2 o 4 anni a cui i gestori telefonici potevano accedere solo a seguito di una richiesta dell’Autorità Giudiziaria.
Nel caso del Covid19 che idea si è fatto?
In Italia tutto ciò è stato previsto implicitamente da due successivi Dpcm che hanno stabilito la possibilità di derogare da parte degli operatori impegnati nella lotta al Coronavirus le normative di protezione dati, senza specificare che questo autorizzasse anche all’uso dei dati di comunicazione telefonica, senza definire con precisione chi potesse farvi ricorso e senza definire le garanzie e le modalità. Mi sembra obiettivamente un limite rispetto ad una materia estremamente difficile.
L’European Data Protection Board ha ritenuto che questo fosse possibile citando anche alcune norme europee: con quali limiti?
Non si è sottolineato che loro fanno riferimento alla e-privacy, quella norma europea che disciplina il trattamento dei dati nel mondo digitale e nella trasmissione online. Ma è ferma al 2002 e purtroppo si era in attesa da allora di un nuovo regolamento di privacy magari in contemporanea al Dpcm. E comprende bene come quel regolamento, vivendo noi nella società digitale, sia uno dei provvedimenti maggiormente importanti in assoluto, dal momento che anche l’economia utilizza la sfera digitale. L’European Data Protection Board quindi è tarata sul 2002, dal punto di vista giuridico è ineccepibile. Ma sono norme che intanto non prevedono l’obbligo per i gestori telefonici di tenere questi dati, né di tenerli per chi svolge servizi digitali come motori di ricerca. E poi non disciplinano i tempi e i modi di conservazione. Questo quadro è lo sfondo al tema del Covid19.
Per cui come valuta i controlli sugli spostamenti delle persone attraverso il tracciamento digitale? Quali sono gli effetti sulle libertà personali?
Lascia un po’ di amaro in bocca. Non c’è dubbio che essendo noi entrati nell’epoca digitale, la protezione dei dati necessita di una regolazione anche dei trattamenti dati nel mondo digitale. In questo caso tutto avviene di fatto, più che di diritto perché le norme in vigore non sono state studiate per un’emergenza sanitaria come questa. Il diffondersi dell’epidemia sottolinea una carenza di attenzione nel passaggio dalla sfera reale a quella digitale.
E’un modello replicabile anche in occidente oppure è evidentemente legato al modo di vivere (politico e sociale) di realtà come la Cina ?
È replicabile anche in occidente, come dimostra l’uso nella giustizia, ma nel nostro modello l’emergenza non giustifica il cosiddetto “liberi tutti”. Occorrono le dovute granzie che sono genericamente richiamate dai due Dpcm ma messe a carico degli operatori, mentre la tutela dei diritti, che deve rispettare l’operatore nel fornire i dati richiesti, implica che le regole di garanzia, devono essere stabilite con legge, nazionale o europea. Ma l’epidemia dimostra anche altro.
Ovvero?
Che gli Stati nazionali, salvo quelli grandissimi come Usa, Russia e Cina, sono una piccolissima dimensione territoriale di popolazione, rispetto alla necessità di muoversi e agire in modo coordinato per combattere epidemie simili. A maggior ragione abbiamo bisogno che l’Ue dia regole. Non credo che possiamo impedire tali forme di controllo se i tecnici della materia ci dicono che sono essenziali per limitare l’epidemia. Non possiamo neanche affermare che la verifica dei nostri spostamenti tramite i tracciamenti digitali sia di per sé illegittima: è ovvio che la tutela della salute entra in bilanciamento con le libertà personali e il bilanciamento pende a favore della prima, tanto è vero che non possiamo uscire di casa in questi giorni.
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