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I travagli di Pd e Pdl

La situazione politica è quanto mai in movimento. Gianni Alemanno minaccia da Roma di provocare una scissione interna al Pdl, e le vere incognite riguardano il futuro del centrodestra e soprattutto la durata del governo.

Enrico Letta ha un destino che corre su alcune scelte in materia fiscale nelle mani del ministro Saccomanni. Da un lato l’Europa fa pressioni per una riforma del lavoro che ricrei la saldatura tra formazione universitaria e professionalizzazione dei giovani, dall’altro il Pdl che non può rinunciare alle proprie battaglie elettorali contro Imu e Iva, in un quadro in cui i consensi dei sondaggi non paiono confortanti.

Da questa complessa situazione non si possono fare realistiche previsioni sul domani, anche se alcune valutazioni ragionate sono possibili. La debolezza del centrodestra è legata intrinsecamente alla mancanza di una linea politica chiara e indipendente dalla persona di Silvio Berlusconi, unico leader e personaggio acchiappavoti. Sia permesso in proposito guardare con un certo scetticismo al revival di Forza Italia, tinteggiato dalla Gelmini e ammiccato da Alfano. Non è detto che in politica non sia utile evocare la memoria, ma non così e in questo modo. Meglio guardare agli umori della gente.

In casa Pd, al contrario, si vince e non si vince. Un paradosso che in fondo è la perfetta immagine di un centrosinistra nel ginepraio di contraddizioni interne ed esterne.

Le ipotesi in cantiere nella canicola che annuncerà il dopo estate sono fondamentalmente due, ed entrambe in mano al centrodestra. O far sopravvivere ancora il governo Letta, lavorando a ripristinare il contatto con territorio ed elettori. Oppure giocare l’arma della sfiducia, alimentando il malcontento e facendosi portatori di una contestazione politica della continuità tra l’attuale esecutivo e la fallimentare gestione Monti. In entrambi casi vi sono, però, più rischi che certezze.

Quello che appare sicura è la necessità di una rifondazione politica del centrodestra. L’arma Berlusconi è affilata ma da aiutare e rafforzare. Perciò il tempo dovrebbe essere utilizzato per elaborare un programma interno autonomo e organico, eretto su due pilastri. La questione dell’identità popolare, liberale e conservatrice, del centrodestra, di cui ormai il PDL è monopolista, e l’aggancio del malcontento dei ceti medi in una serie di proposte indipendenti dal sostegno al governo.

Non è, infatti, la coalizione a far perdere i voti alla destra, ma la mancanza di una vera capacità di incidere come movimento di lotta democratica contro l’oppressione fiscale e internazionale della sinistra che è croce sulle spalle degli italiani.

Dal canto suo il Pd è in un momento delicato di dibattito e di assestamento correntizio precongressuale. E se è vero che una crisi di governo metterebbe in ginocchio l’intero centrosinistra, è anche vero che ancora più deflagrante sarebbe ricevere i duri colpi di una campagna politica che facesse esplodere le interne contraddizioni, cioè la scarsità pragmatica e l’incapacità di giungere a un rinnovamento ideologico e culturale. Paradossalmente Bersani ha rafforzato nei mesi scorsi l’organizzazione del partito a danno però del rinnovamento. Il vento democratico soffia, invece, a destra, e cade su una parte politica che non ha però né un partito, né una minima vivacità di cavalcarne la possibilità.

Nei prossimi giorni ne sapremo di più, anche se un suggerimento è possibile darlo. Se a uccidere il centrodestra è la mancanza d’identità e fantasia, e se la prima esigenza si realizza meglio senza crisi di governo, mentre la seconda con una campagna elettorale, ecco allora che ragione vuole che si lavori prima sull’unità politica e poi sulla campagna elettorale.

Per ottenere il primo risultato, preliminare al secondo, sarebbe seriamente necessario creare subito un’equipe strategica che fornisse gli ideali politici su cui formulare in seguito un programma vincente contro la sinistra, magari in preparazione alle elezioni europee del 2014. Non è comprensibile, difatti, perché sia evitato dal Pdl un dibattito intellettuale serio su quale possa essere il futuro politico della destra.

Un’alternativa, questa, che alla fine sarà la peggiore, garantendo la vittoria sicura del centrosinistra e la conseguente disfatta dell’Italia.



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