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Da Durban a Rio

CONTENUTO INEDITO
 
Siamo giunti alle conclusioni della Conferenza sul clima di Durban con l’approvazione generale del Durban Package, un blocco di decisioni che, pur controverse, assicurano la continuità del negoziato e l’attuazione di una parte importante degli accordi raggiunti l’anno prima a Cancùn.
Era nelle previsioni che la 17esima Conferenza della Parti della Convenzione quadro sul clima dell’Onu ancora una volta non avrebbe raggiunto accordi sufficienti a garantire il contenimento dell’aumento della temperatura media della terra entro i +2°C. E così è stato. Tenere la temperatura del pianeta al di sotto dell’aumento di 2°C quasi certamente non sarà possibile, benché ormai sia questo l’obiettivo-icona del negoziato sul clima, concordato a Copenhagen, ribadito a Cancùn, a Durban e fatto proprio ai G8-G20 da tutti i capi di Stato delle maggiori economie.
 
La Conferenza di Durban si è svolta nel cono d’ombra della crisi dei debiti sovrani occidentali ed ha sofferto di forti tensioni non meno di quanto pochi giorni prima era successo in Europa con l’autoesclusione dal patto di Bruxelles del Regno Unito. Le questioni sul tavolo a Durban erano tutte quelle concordate dodici mesi prima a Cancùn, le cui proposte dovevano essere rese operative. Domenica mattina, a poche ore dalla chiusura del negoziato tirato in lungo per quasi 48 ore, le cose sembrano però prendere una piega diversa. L’Europa che, da vera protagonista della Conferenza, andava raccogliendo consensi sulla sua proposta di una Roadmap verso un accordo legalmente vincolante per tutti i paesi in materia di abbattimento delle emissioni, minacciava di abbandonare il tavolo sotto l’attacco violento di India e Cina. L’Europa, convinta che nessun accordo vincolante sarebbe stato possibile nell’immediato, era portatrice di una formula di ricomposizione grosso modo, diciamo, tra Cina e Stati Uniti, che aveva incontrato il favore di Brasile e Sud Africa, la metà del gruppo Basic comprendente Cina ed India. La Cina aveva rotto gli indugi lunedì accettando la proposta europea a cinque condizioni, miranti a spezzare il disimpegno nordamericano. Gli Stati Uniti uscivano dall’angolo venerdì accettando la proposta europea. L’India pretende un impegno immediato e vincolante per i grandi Paesi emettitori occidentali, e con la Cina porta la Conferenza nella notte di Sabato ad un passo dalla rottura.
 
La Presidente sudafricana Mashabane forza, c’è chi dice ordina, un incontro ristretto tra questi player mondiali. Come talvolta accade, la mediazione della disperazione ha successo intorno ad una formula proposta dal Brasile, che parla di valore legale dell’accordo. Alle tre del mattino il Durban Package può essere approvato.
I contenuti del pacchetto si rappresentano in quattro punti principali, e da una serie di importanti decisioni sulle materie dell’accordo di Cancùn:
 
Il Protocollo di Kyoto: La durata del Protocollo di Kyoto, in scadenza a fine 2012, è estesa per altri cinque anni. I nuovi impegni di riduzione dovranno essere stabiliti. Canada Giappone Russia Australia e Nuova Zelanda che, per motivi opposti, avevano annunciato il loro ritiro, fanno ora sapere che prendono tempo. I meccanismi flessibili di Kyoto, in particolare i Cdm che stanno a cuore ai Pvs restano attivi, forse salvando il cosiddetto mercato del carbonio che verrà rafforzato integrando i progetti dei vari paesi. La Cattura ed il Sequestro sotterraneo del carbonio, la Ccs, è tra le nuove tecnologie ammesse nei Cdm, il nucleare è definitivamente fuori.
 
Il futuro regime di governo dei cambiamenti climatici: La conferenza di Durban ha accettato di avviare un processo (una Roadmap) per sviluppare un nuovo Protocollo o un nuovo trattato in cui tutti i paesi dovranno intraprendere azioni vincolanti di riduzione delle emissioni. Si conferma il Principio di Rio delle Responsabilità comuni ma differenziate, ma sparisce finalmente la divisione in due del mondo che aveva caratterizzato il Protocollo di Kyoto tra chi deve abbattere le emissioni e chi è esentato. Si è convenuto che il nuovo regime sarà concordato entro il 2015, in modo che possa essere implementato a partire dal 2020. La forma giuridica del nuovo accordo che avrà valore legale sarà definita in seguito.
 
Green Climate Fund (GCF): A Cancùn i paesi sviluppati avevano accettato di fornire il Fondo con 100 miliardi dollari entro il 2020 per aiutare i paesi poveri ad adottare misure per lottare contro i cambiamenti climatici. Anche se non è stata chiarita la provenienza del denaro, è stato costituito il Comitato per avviare il processo di definizione dei contributi dei paesi donatori. Avrà 24 membri, in pari misura di paesi sviluppati ed in via di sviluppo. Si è convenuto che il fondo resterà sotto il controllo dalla Conferenza delle Parti della Convenzione.
 
Le azioni di cooperazione a lungo termine: Sono le azioni collettive strategiche per combattere il cambiamento climatico al di là del controllo delle emissioni che dovranno essere intraprese dopo aver definito una visione comune del problema climatico. Il testo di questo accordo dovrà essere discusso nel corso dell´anno 2012 prima della prossima Cop18 che verrà tenuta in Quatar. L´India ha segnato un grande successo facendo introdurre nel testo il concetto di equità, un accesso equo allo sviluppo sostenibile per i paesi in via di sviluppo, senza compromissioni per effetto della differenza dei carichi di riduzione delle emissioni.
 
Ai quattro punti base vanno aggiunti buoni accordi per governare e supportare i processi di adattamento al cambiamento climatico, per il trasferimento tecnologico, per la Ccs e per la gestione sostenibile delle risorse forestali (Redd+). La conclusione di Durban rappresenta un indubbio successo per la Convenzione dell’Onu, che rischiava di sparire, per il Sud Africa che ha fortemente voluto un accordo, per l´Europa e per il Commissario Hedegaard in particolare che hanno orientato la Conferenza verso la Roadmap europea. La Presidenza polacca dell’Eu, un po´ enfaticamente, definisce la Conferenza di Durban un successo paragonabile solo al Mandato di Berlino del 1995. La Commissario Eu dichiara che l´Europa è entrata a Durban con un Piano A ed esce con il Piano A e rivendica con orgoglio i meriti ed i sacrifici di tutte le donne del mondo nella lotta politica e quotidiana ai cambiamenti climatici. Definisce il Durban Package un punto di riferimento, storico, trasparente, globale e molto solido, che mette in primo piano i beni comuni rispetto agli interessi nazionali.
 
L’aggravamento in atto del cambiamento climatico non ci consente però di ritenere che l’accordo di Durban sia tale da porvi rimedio entro i tempi necessari. Tirando le somme degli impegni assunti unilateralmente da tutti i Paesi (pledges), che restano quelli di Copenhagen, rimane inalterato il deficit di abbattimento delle emissioni che l’Unep valuta in circa 10 Gigatonnellate di gas serra per anno. La parola passa ora alla Conferenza di Rio sullo Sviluppo Sostenibile della prossima estate, la Uncsd Rio+20, che deve lanciare su scala mondiale la Green Economy come chiave strategica per uscire dalla crisi e per assicurare prospettive di successo alla lotta contro i cambiamenti climatici.
 
Toni Federico,
 


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