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Punire Putin, accontentare Trump. Il dilemma tedesco sul Nord Stream 2

Il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, non ha usato mezzi termini con la Russia, eterno incubo: “L’Europa dovrebbe trattare la situazione in Bielorussia e l’avvelenamento di Aleksej Navalny come un monito, forse l’ultimo. L’unica razionale via d’uscita dovrebbe essere lo stop alla realizzazione del progetto Nord Stream 2″. Il gasdotto che collega la Russia alla Germania, e che farà raddoppiare il quantitativo di gas naturale che Mosca sarà in grado di spedire in Europa, è completato al 94%, ma dal dicembre scorso i lavori sono fermi. Non farli ripartire potrebbe essere la più severa delle punizioni contro Mosca.

La cancelliere tedesca Angela Merkel, che ha in mano il dossier delle decisioni europee ed è direttamente parte in causa sul progetto, è sotto pressione. Da diverse parti dell’Ue, oltre che da diverse anime politiche a Berlino, arrivano l’input di dare una lezione severa alla Russia. Monito, come dice Morawiecki, per cercare di bloccare con aggressività le mosse con cui Vladimir Putin continua a portare avanti i suoi interessi (l’eliminazione fisica delle opposizioni, l’appoggio per interesse geopolitico di un dittatore come Aleksander Lukašenka).

La questione sarà sul tavolo del prossimo Consiglio europeo, e trova concordi il blocco dei paesi dell’Est – che per ragioni storico-geografiche teme più degli altri Mosca. Ma intanto il settimanale Die Zeit, in un’anticipazione dell’edizione in uscita domani pubblica i dettagli di uno scoop che ha dimensione internazionale – e che riguarda sia la Russia che il Nord Stream, e dunque si accavalla alle discussioni attorno al caso Navalny, ma soprattutto gli Stati Uniti. Il governo tedesco ha promesso a Washington, agli inizi di agosto, finanziamenti pubblici da circa 1 miliardo di euro, in cambio di una rinuncia alle sanzioni minacciate sul gasdotto.

È noto che gli Stati Uniti intendono colpire l’opera perché la ritengono un’infrastruttura di carattere strategico che crea un collegamento fisico tra Germania e Russia – un legame che storicamente l’America ha fatto di tutto per impedire. Inoltre, il raddoppiamento dei flussi dal nord alleggerisce quelli da sud, ossia quelli che passano dall’Ucraina: senza quel link, Kiev diventerebbe molto meno importante per Mosca e dunque i russi potrebbero procedere con maggiore virulenza sul Donbas, creando una problematica in più sul fronte orientale della Nato.

Non solo geopolitica però: dietro alla forte volontà americana di ostacolare il Nord Stream 2, anche con sanzioni secondarie che potrebbero andare a colpire ditte europee impegnate nell’opera (un’idea precedente alla vicenda di Navalny), c’è anche una necessità economico-commerciale. E qui lo scoop della Die Zeit diventa interessante. Secondo la testata tedesca, il ministro delle finanze Olaf Scholz avrebbe promesso – per due volte, prima a voce e successivamente per iscritto – all’omologo statunitense Steven Mnuchin un intervento fino a un miliardo di euro per la costruzione di due porti speciali per l’importazione del gas liquido.

Ossia la Germania avrebbe accettato un’offerta fatta direttamente a Merkel da Donald Trump riguardante l’acquisto di Gnl americano (gli Usa ne sono diventati recentemente esportatori grazie allo sviluppo molto proficuo degli shale gas, i reservoir contenuti all’interno di scisti bitumassi), a patto di far restare in piedi il gasdotto. Una via di bilanciamento. In predicato ci sarebbe dunque la costruzione di due terminal a Brunsbuettel e Wilhelmshaven, rigasificatori in cui le imprese americane potrebbero esportare in Germania. In un messaggio scritto del 7 agosto, il governo tedesco si è messo a disposizione per alzare il “sostegno pubblico per la costruzione” dei porti fino a 1 miliardo, al fine di evitare le sanzioni minacciate dall’amministrazione Trump – che oltre al confronto politico internazionale, vede la Russia come un ostacolo nel vendere il gas all’Europa.


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