Il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, dice di far propria la definizione di “partner di Pace” riguardo all’impegno italiano in Libia (il copyright è del Foglio, che lo ha intervistato). Quello che vuole l’Italia è effettivamente la stabilizzazione. Circostanza che può essere spinta dall’attuale fermo dei combattimenti e dalla relegazione dei ribelli nella Cirenaica. Lo sforzo, su cui Roma è impegnata in primo piano, è effettivamente in corso. In questi giorni una delegazione di ufficiali militari (unità dell’antiterrorismo e quelli della Brigata 301 misuratina) e politici vicini al governo onusiano Gna di Tripoli sono in Egitto. È un esempio simbolico di come i contatti continuino.
Il Cairo è stato per lungo tempo uno dei principali partner del tentativo di rovesciare il Gna partito dalla Cirenaica per mano di Khalifa Haftar, capo della milizia ribelle Lna. Però in questa fase gli egiziani hanno allentato le relazioni con l’autoproclamato Feldmaresciallo e svoltato verso una figura di carattere politico, il presidente del parlamento HoR, Aguila Saleh, per portare avanti un processo di stabilizzazione attraverso il dialogo. Saleh è stato recentemente protagonista della doppia dichiarazione d’apertura che ha viaggiato sia attraverso di lui che tramite il presidente del Consiglio presidenziale libico, Fayez Serraj, leader del Gna.
Gli incontri egiziani di questi giorni, organizzati dal vice di Serraj, Ahmed Maiteeg, secondo quanto riferisce una fonte da Tripoli, hanno lo scopo di rimpolpare la fase di dialogo che si è aperta con quelle due dichiarazioni e continua attraverso le discussioni in corso in Marocco. A Bouznika sono infatti avviati contatti tra delegazioni del Parlamento (che si è rifugiato a Tobruk e sotto Saleh ha avuto sempre posizioni critiche nei confronti del Gna e ha spalleggiato le ambizioni di Haftar) e l’Alto Consiglio di Stato (un organo che si riunisce a Tripoli come camera alta e che ha posizioni più vicine a quelle della Tripolitania).
Questi incontri sono supervisionati dall’Onu; il Marocco, oltre che punto di incontro tecnico/politico, ha anche valore simbolico: fu lì, a Skhirat, che era stato firmato l’accordo onusiano per la pacificazione (accordo che ha prodotto il Gna e le strutture collegate, ma che non è mai stato del tutto implementato). Su tutto, pesa ancora il ruolo di Haftar. In questi giorni, fonti libiche sul campo rilevano che alcuni mezzi dei ribelli si sono mossi dalla Cirenaica per raggiungere il fronte di Sirte, ossia per rafforzare le unità che tengono l’area. La zona della città costiera sul golfo omonimo è un centro ad alta sensibilità, perché i due schieramenti si trovano disposti su posizioni vicine.
Haftar potrebbe cercare un incidente da cui far ripartire i combattimenti. Una provocazione o un false flag da parte delle unità del Gna, che a loro volta ricevono assistenza tecnica-militare dalla Turchia. Parlando con Formiche.net, il ministro Di Maio ha detto di aspettarsi che anche Haftar “dia il suo contributo”, ma non è chiaro quanto lui sia disponibile – da cinque giorni tiene in ostaggio cinque pescatori italiani accusati di aver violato le sue acque, e non è la prima volta che succede (la Farnesina tratta con massima delicatezza la situazione). Il problema è che dietro al capo ribelle c’è anche la spinta militarista degli Emirati Arabi, attori esterni (e dunque a coinvolgimento minimo e a spazi di azione maggiori) che vogliono usare la Libia per interessi diretti che riguardano anche il confronto intra-sunnismo con la Turchia.
Difficile per ora un punto di contatto tra questi due protagonisti diretti della situazione, mentre sia l’Onu che l’Ue, così come gli Stati Uniti, stanno mantenendo contatti con entrambi. Di fatto da Ankara e Abu Dhabi passa il percorso per far ripartire il petrolio. L’idea progettuale è che dal riavvio delle produzioni di greggio (chiuse perché occupate dagli haftariani) possa riprendere l’export e si aprano nuove entrate economiche che, una volta definita la via per la redistribuzione interna, possano creare un presupposto economico ulteriore a favore della stabilizzazione.