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Cina, Russia e Turchia, basta ambiguità. Parla Paolo Formentini (Lega)

Alle idee chiare devono seguire i fatti. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in un’intervista a Formiche.net ha snocciolato tutti i punti dell’agenda diplomatica del governo rossogiallo, dalla Cina alla Russia, dalla Turchia alla Libia, sottolineando i due perni insostituibili: Ue e Usa. Bene, ma non basta, gli risponde a distanza Paolo Formentini, deputato della Lega e vicepresidente della Commissione esteri. Perché? Perché la bussola del Paese nel mondo non la decide solo il governo, ma anche il Parlamento. E dalle grandi decisioni “il Parlamento è rimasto escluso”.

Formentini, a cosa si riferisce?

Sono tre mesi che chiedo a ogni ufficio di presidenza della Commissione esteri che Di Maio venga a riferire sui rapporti bilaterali con la Cina, non ho mai ricevuto risposta. Eppure la prassi vorrebbe un passaggio parlamentare dopo un incontro importante come quello con il ministro degli Esteri cinese Wang Yi.

Cosa volete chiedere a Di Maio?

Una più netta presa di posizione a difesa dei diritti umani. Hong Kong, Taiwan, Xijinang.

Ma in conferenza stampa ne ha parlato. O no?

Sì, ma ci saremmo aspettati di più. Non basta rassicurare che l’Italia è nella Nato ed alleata con gli Stati Uniti. L’autonomia di Hong Kong è stata spazzata via, da un giorno all’altro. Noi della Lega, insieme all’Alleanza interparlamentare sulla Cina, abbiano sostenuto la voce del dissidente Nathan Law di fronte alla Farnesina. Di Maio deve spiegare quali passi concreti il governo intraprenderà per chiedere conto alla Cina di queste violazioni. Non presentarsi in Commissione aumenta i dubbi e le ambiguità.

Nell’intervista a Formiche.net il ministro spiega perché la Cina è un partner ma non un alleato e che l’Italia “prende seriamente le preoccupazioni Usa” sulla rete 5G.

È stato diplomatico, e per definizione la diplomazia è l’arte della mediazione. In un mondo che vive un confronto simile a una nuova Guerra Fredda fra Cina e Stati Uniti, però, la mediazione è troppo poco. Sul 5G abbiamo visto i decreti riparatori del governo, c’è troppa ambiguità in una materia delicata. Attenzione a giocare con il fuoco, il Dipartimento di Stato ci ha avvisati: con i cinesi nel 5G gli scambi di intelligence con la Nato sono a rischio.

Domanda secca: se la Lega tornerà al governo con il centrodestra, metterà al bando le aziende cinesi dal 5G?

Certo, questo è chiarissimo. Ci sono decine interrogazioni di deputati della Lega a confermarlo. La nostra posizione sul tema è quella del segretario Mike Pompeo. L’Italia deve aderire al piano Clean Networks.

Permetta un dubbio. Ma non eravate voi al governo quando è stato firmato il memorandum per la Via della Seta di Xi Jinping?

Su questo bisogna fare chiarezza. Salvini ha detto da subito, senza indugi, che con la Cina si commercia, non ci si stringe alleanze. E che la sicurezza nazionale viene prima di tutto. Lui come tutta la Lega ha espresso ai Cinque Stelle dubbi e perplessità sul 5G e sulla Via della Seta, quando ancora non era chiara la portata di quel progetto.

Eppure alle cerimonie erano presenti sottosegretari e ministri del Carroccio.

È stato un compromesso, uno dei tanti frutto di quel contratto di governo. E uno dei motivi per cui abbiamo deciso di non proseguire, accettandone volentieri le conseguenze. Da vicepresidente della Commissione Esteri ho sempre registrato un atteggiamento coerente della Lega verso un regime non democratico, comunista, che vuole dominare il mondo. Nel mondo qualcuno se ne è accorto, penso a Paesi come India o Australia.

E l’Italia? Davvero questo governo ha ancora il bollino di filocinese?

Parlano i fatti. Il guru del primo partito di maggioranza in Parlamento, Beppe Grillo, entra ed esce dall’ambasciata cinese a Roma. Il Movimento, nonostante le nostre richieste in Parlamento, non ha chiarito eventuali rapporti fra piattaforma Rousseau ed aziende cinesi. E da mesi chiediamo di porre fine al commercio con aziende che in Cina aiutano a controllare la popolazione e le minoranze. Nessuna risposta.

La Lega ha avuto a lungo il bollino di partito filorusso. È ancora così? Cosa pensa del caso Navalny e della crisi in Bielorussia?

Faccio mia la posizione di tutta la Lega: i diritti umani e il diritto internazionale devono essere rispettati. Dunque il governo russo deve fare chiarezza sull’avvelenamento di Navalny, e in Bielorussia deve essere ristabilito al più presto lo stato di diritto. Lo abbiamo ribadito in Commissione Esteri, firmando all’unanimità una risoluzione dopo aver accolto esponenti dell’opposizione. Tutto questo non esclude un’altra convinzione.

Sarebbe?

L’Italia e l’Europa, oggi, non possono fare a meno della Russia. È una constatazione geopolitica: la Russia è un tassello strategico per arginare l’espansionismo cinese.

Insomma, voi rimanete contrari alle sanzioni Ue contro il Cremlino?

Le sanzioni sono un’arma a doppio taglio, vanno usate con estrema prudenza. E soprattutto devono essere mirate, senza colpire indiscriminatamente tutti. L’Italia, questo è un fatto, ha subito un serio danno all’export agroalimentare dai precedenti round di sanzioni Ue.

Un altro Paese con cui i rapporti sono ambigui è la Turchia. Membro Nato, bussa alla porta dell’Europa da anni. Eppure dalla Libia al Mediterraneo orientale, rema spesso in direzione opposta a quella dell’interesse nazionale italiano.

Anche qui, servirebbe più chiarezza. L’Italia deve difendere le posizioni acquisite, il suo approvvigionamento energetico. Ha partecipato a un’esercitazione con la Turchia e non c’è da stupirsi. È un Paese Nato e, piaccia o no, rappresenta oggi il confine ad Est dell’Alleanza. Ma di fronte alle palesi violazioni del diritto internazionale come quelle al largo delle coste greche non possiamo rimanere in silenzio.

Formentini, un pronostico per chiudere. Donald Trump o Joe Biden, per chi dovrebbe tifare l’Italia?

Pericoloso fare pronostici a due mesi dall’elezione. Sono di parte, perché come Lega abbiamo sostenuto, anzi sottoscritto la presidenza Trump, dalle politiche migratorie alla diplomazia. Con lui c’è qualche incomprensione sulla Nato, ma non credo voglia davvero abbandonarla. C’è solo una certezza di cui tutti, in Italia come altrove, dovrebbero convincersi. Che vinca Trump o Biden, arrivano tempi duri per i filocinesi.



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