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Di Maio a Tripoli. Cosa si muove dietro alla visita del ministro italiano

Il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, arriva oggi a Tripoli con un obiettivo chiaro: sostenere con la diplomazia italiana il cessate il fuoco attuale. Secondo la Farnesina, se si terranno ferme le armi per diverso tempo, la tregua attuale si trasformerà in una forma di stabilizzazione dialogata tra le due parti libiche in conflitto. Posizione condivisa anche da altre cancellerie europee (Berlino su tutte) e da Washington.

L’apertura reciproca da parte del capo del Consiglio presidenziale, Fayez al Serraj, e del presidente del parlamento HoR, Aguila Saleh, è un passo verso una stabilità più ampia che la Comunità internazionale — per prima l’Onu — ha spinto e ora vuole sfruttare. Serraj rappresenta il governo onusiano di Tripoli, Saleh guida un organo comunque riconosciuto dalle Nazioni Unite (è l’unico elettivo), sebbene abbia sempre coperto politicamente le ambizioni dei ribelli che volevano rovesciare il Gna.

Oltre al flebile percorso avviato, la visita ha un delicatezza ulteriore. A Tripoli il governo vive una fase di scontro interno. Serraj ha recentemente sospeso il ministro dell’Interno, Fathi Bashaga, con l’accusa di non aver gestito adeguatamente le proteste popolari anti-governative di queste settimane (anzi, di averle fomentate). Tra i due ci sono ruggini da tempo. Bashaga è una figura prominente del Gna — che ha svolto un ruolo tecnico nel coordinare le varie milizie che hanno condotto la controffensiva sui ribelli dell’Est — e uno politico a sfondo internazionale. Parte della Fratellanza musulmana, ha ottime entrature in Turchia (e Qatar) infatti, rapporti consolidati da quando Ankara è arrivata a Tripoli per fornire supporto militare e politico contro la Cirenaica.

Il ministro italiano intende dunque capire se Roma può fare qualcosa per appianare certe divergenze. È chiaro che la coesione nel Gna è un presupposto importante per questa fase. Un tema su cui da tempo lavora l’ambasciatore Giuseppe Buccino: la feluca italiana ha cercato di usare la presenza fisica a Tripoli (unico Paese occidentale) anche per favorire il dialogo all’interno del governo e intra-libico. È il senso stesso della visita di Di Maio, che — accompagnato dal sottosegretario con delega al commercio estero, Manlio Di Stefano — dopo gli incontri con i vertici del Gna nella capitale, andrà a Tobruk. L’appuntamento qui è fissato proprio con Saleh (Tobruk è la città della Cirenaica dove molti parlamentari si sono rifugiati anni fa e da lì conducono parzialmente le attività dell’assemblea).

Su tutto il viaggio i temi di interesse nazionale italiano sono di due tipi. Il primo, più alto, riguarda la stabilizzazione dell’altra sponda nordafricana (e interessa la Libia tanto quanto di riflesso la Tunisia). C’è una fase di apertura da sfruttare che corrisponde a una più ampia fase di attività nel Mediterraneo — che vede coinvolta la Francia e la Germania — su diversi dossier e quadranti, e dunque l’Italia non può mancare. Anzi, intende giocare un ruolo di primo piano. Secondo, c’è da parlare con i libici di argomenti di carattere economico-commerciale. A partita dai crediti vantati dalle aziende italiane, fino alla necessità e agli spazi per rilanciare le relazioni economiche. Qui Di Stefano ha il ruolo di riferimento per la Commissione di contatto italo-libica.

Il momento successivo alla stabilizzazione sarà infatti quello della ricostruzione, ed è lì che le ditte italiane potrebbero riprendere i progetti già avviati ed essere parte dei nuovi. Si torna a parlare per esempio della “autostrada della pace”, via costiera costiera prevista dall’art. 8 del Trattato di Bengasi firmato da Gheddafi e Silvio Berlusconi. Oppure dei nuovi terminal per l’aeroporto internazionale: ampliamento impossibile da portare avanti per il consorzio di ditte italiane Aeneas che, nel 2017, aveva vinto la commessa da 79 milioni di Euro per riattivare e allargare lo scalo. Colpito pesantemente già negli scontri precedenti, tra 2011-2015, è tornato di nuovo sotto attacco durante la campagna con cui da aprile 2019 i ribelli dell’Est hanno provato a rovesciare il Gna). E ancora altre infrastrutture (come nuove autostrade), e anche quelle delle telecomunicazioni su cui è attiva Telecom Italia Sparkle in collaborazione con Libyan International Telecom Company.

Informazioni fornite ai media dalla Farnesina, che sottolinea come la Libia sia il secondo partner commerciale nordafricano per l’Italia (il primo è l’Algeria) e nonostante l’instabilità prodotta dalla guerra, nei primi due mesi del 2020 le esportazioni italiane sono aumentate del 32 percento su base annuale. Infine, oltre Serraj e Saleh, e il ministro degli Esteri Mohammed  Siala, la delegazione italiana incontrerà anche i vertici della Noc, la società petrolifera nazionale. Il petrolio è considerato un tema chiave per la stabilizzazione. La riattivazione delle produzioni è vista come la via per riportare denaro nel paese e favorire (con una nuova forma di redistribuzione) la prosperità a vantaggio dei città libici.



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