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Gualtieri e la carica dei seicento progetti. Le domande del prof. Pennisi

Via Venti Settembre e le strade circostanti assomigliano alle colline di Bataklava, in Crimea, dove si svolse la famosa, eroica ma sfortunata “carica dei seicento”, immortalata in più di un romanzo ed in più di un film. Anche se simpatizza da sempre con la Russia, il ministro Roberto Gualtieri, che ha generosamente ospitato i 600 e passa progetti da cui valutare e selezionare quelli da inviare all’Unione europea per concorrere al finanziamento sul Recovery and Resilience Fund, non sembra avere il polso del generale Pavel Liprandi che tenne a bada (e come!?) i Seicento della Brigata Leggera britannica.

I progetti sono a Via Venti Settembre non solo per un problema logistico – non sarebbero mai entrati negli striminziti uffici del Dipartimento per le politiche europee guidato dal ministro Vincenzo Amendola – ma anche sostanziale: sul programma di riforme da presentare all’Unione europea (Ue) e sui progetti in cui tale programma sarà articolato, il ministro dell’Economia e delle Finanze ha, comunque, la primogenitura se non a ragione del peso sostanziale del dicastero da lui presieduto.

Pare che Gualtieri voglia fare il “primo della classe”, secondo una tradizione ancora in vigore in Russia e Paesi vicini, e presentare sia il programma sia i progetti a metà ottobre, mentre le direttive della Commissione europea prevedono che il programma venga presentato a metà ottobre ed i progetti ad aprile 2021. È questa doppia scadenza – ha rilevato Francesco Giavazzi il 29 agosto sul Corriere della Sera – che stanno seguendo gli altri Paesi che vogliono accedere al Fondo. La doppia scadenza ha una forte logica per scegliere con cura progetti che rispondano agli obiettivi già forniti dalla Commissione ed a un programma di riforme (con scadenzario preciso) che sotto-intenda una visione di medio e lungo periodo, non una trattativa tra gli sponsor dei 600 progetti.

Molto più puntualmente su Il Mattino del 26 agosto, Giorgio La Malfa (che ha avuto una doppia carriera sia accademica sia politica) ha posto sette domande a Gualtieri che riguardano la sede istituzionale dove verranno “valutati” i progetti, chi effettuerà la valutazione sotto il profilo tecnico, quali saranno gli esperti che condurranno tale valutazione tecnica, se ci sarà un livello di valutazione politica dopo quello tecnico, quali saranno parametri di valutazione, solo le amministrazioni pubbliche o anche i privati avranno titolo a proporre progetti, l’attuazione sarà compito di singole amministrazioni o ci sarà un coordinamento centralizzato. Sono domande di buon senso e per certi aspetti quasi banali. Sono certo che il ministro Gualtieri ha risposto in modo esauriente. Sarebbe auspicabile che nell’interesse di tutti, e per semplici ragioni di trasparenza, la risposta venga resa pubblica. Ciò eviterebbe domande analoghe da parte dell’opposizione.

Nel rendere pubblica la risposta, il ministro dovrebbe precisare altri aspetti. In primo luogo, quale analisi economica presenterà a supporto del programma generale e dei programmi settoriali di riforma. Per alcuni settori (sanità, giustizia) si possono impiegare tecniche di analisi costi benefici; per altri (ad esempio, trasporti) esiste una modellistica elaborata in passato in seno alla Pubblica amministrazione, ma da aggiornare; per altri ancora (industria manifatturiera) la modellistica è da costruire.

In secondo luogo, in materia di parametri generali di valutazione (ad esempio, saggio di attualizzazione) si deve sapere se verranno utilizzati quelli formulati negli anni Ottanta del secolo scorso (dall’allora ministero del Bilancio e della Programmazione Economica e rivisti dal Dipartimento per il Mezzogiorno della presidenza del Consiglio) o quelli drasticamente rielaborati e pubblicati dal Cnel nel 2012. È anche utile sapere se verranno effettuate analisi di rischio e analisi di incertezza entrati nella prassi negli ultimi vent’anni e di cui il ministero dell’Economia e delle Finanze fece alcuni utili sperimentazioni verso il 2005. Infine, dato che il Fondo ha tra i suoi obiettivi la crescita delle fasce deboli, se si applicheranno le “ponderazioni distributive” in uso da una quarantina di anni e, dato che tali “ponderazioni” hanno una forte caratura politica, se ci sarà una discussione parlamentare.

In terzo luogo, unicamente in casi molto speciali (quando il vincolo di bilancio coincide con il costo dei progetti), i parametri di valutazione coincidono con i criteri di scelta, occorre sapere quali saranno tali criteri e, dato che hanno una caratura politica ancora più forte delle “ponderazione”, se ci sarà una presentazione alle Camere.

Rispondendo a queste domande si potranno tenere a bada i 600. Altrimenti, Via Venti Settembre rischia di diventare un suk e l’Italia di essere presa a sberleffi.


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