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Bannon in manette, Trump nel mirino. Ecco come (e perché)

Steve Bannon è in carcere. L’ex direttore della campagna elettorale di Donald Trump nel 2006 è stato accusato di frode e riciclaggio di denaro dal distretto Sud di New York. Avrebbe frodato centinaia di migliaia di donatori attraverso la campagna “We build the wall”; campagna che ha raccolto più di 25 milioni di dollari per costruire un tratto di muro lungo il confine meridionale degli Stati Uniti.

Il guru dei populisti, un tempo Chief of Strategy alla Casa Bianca, poi caduto in disgrazia nei rapporti col presidente – e dunque fatto fuori dal team operativo dell’amministrazione – si aggiunge alla lista di intimi del presidente a essere finiti in cella con accuse pesanti. Rick Gates (consigliere politico), Paul Manafort (ex capo della campagna elettorale), George Papadopolous (consigliere minore del Team Trump 2016), Michale Flynn (ex consigliere per la Sicurezza nazionale), Michael Cohen (amico e avvocato), Roger Stone (amico e stratega). Tutti condannati, hanno passato qualche giorno agli arresti per ragioni diverse: chi ha mentito all’Fbi, chi per reati fiscali.

Bannon è accusato insieme ad altre tre persone, suoi collaboratori anche nel sito da lui creato, il famosissimo Breitbart News, un mix proto-trumpiano del più aggiornato cospirazionismo e del classico conservatorismo statunitense. Stando alle accuse, nella truffa sulla raccolta fondi per il “muro” col Messico – una delle grandi promesse elettorali di Trump, contro l’immigrazione clandestina – si sarebbe appropriato dei soldi dei donatori.

L’associazione non c’entra formalmente con le sue attività nell’amministrazione – durate otto mesi, fino a luglio 2017. Nel 2019, Bannon aveva fondato We Build The Wall come un’organizzazione senza scopo di lucro: a dargli una mano c’era l’ex militare Brian Kolfage, anch’egli arrestato perché parte della frode.

Spingevano su tematiche molto di destra, temi tipici dell’alt-right che con la presidenza Trump sono stati sdoganati ampiamente, e promettevano di raccogliere fondi per finanziare una parte di Muro e aiutare così la Casa Bianca nella sua missione. Aveva attratto interesse, Bannon è magnetico all’interno di quella fetta politico-elettorale, e diversi personaggi legati a quelle istanze ne erano entrati a far parte. Da lì, la raccolta dei fondi è stata automatica. Bannon prometteva che niente di quei soldi sarebbe stato usato per pagare qualcuno, e tutto sarebbe stato usato per il muro. Chi lavorava a We Build The Wall lo faceva per spirito di volontariato e servizio.

La procura newyorkese sostiene però che una parte di quei dollari sia stata usata per le spese personali di Kolfage e Bannon, e per quelle di Andrew Badolato e Timothy Shea, gli altri due arrestati oggi. I bonifici giravano tramite ong con causali inventate. Secondo i numeri diffusi dai media, Bannon si sarebbe intascato circa un milione di dollari, Kolfage più o meno 350mila. Secondo un’indagine di ProPublica uscita a luglio, per ora soltanto 1,5 milioni dei 25 raccolti è stato usato per finanziare l’infrastruttura anti-immigrazione.

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