Senso dello Stato, rispetto per le istituzioni, passione per l’intelligence: erano alcune delle caratteristiche del presidente Francesco Cossiga, lo sono del prefetto Carlo Mosca al quale è stato assegnata la prima edizione del Premio Francesco Cossiga per l’intelligence, istituito dalla Società italiana di intelligence presieduta dal professore Mario Caligiuri.
Gianni Letta, presidente della giuria, ha ricordato che l’amore del presidente emerito della Repubblica per i Servizi nasceva dal fatto che rappresentavano l’essenza dello Stato sul fronte della sicurezza e della politica estera. Un amore per lo Stato che era la vera ragione delle sue “picconate” nell’ultimo periodo al Quirinale. Una strategia precisa confermata quando nel 1993, un anno dopo la fine del settennato interrotto con le dimissioni dell’aprile 1992, Cossiga fu invitato nella trasmissione televisiva “Italia domanda”. Letta, che la conduceva, alla fine gli chiese perché non avesse usato la stessa chiarezza e la stessa pacatezza per spiegare certi argomenti quando era stato invece il “picconatore” e la risposta fu disarmante: “Se avessi fatto così non se ne sarebbe accorto nessuno. Dovevo rompere i vetri alle finestre per dare una scossa al Paese”.
Una scossa che aveva cercato di dare il 26 giugno 1991 con il messaggio alle Camere su una riforma costituzionale. “Un messaggio inascoltato, se non fosse rimasto nel cassetto – ha detto Letta – avrebbe potuto produrre quella riforma che abbiamo inseguito invano per anni. Speriamo che qualcuno voglia cogliere quell’insegnamento”.
La figura di Carlo Mosca rappresenta tanto del pensiero di Cossiga. Prefetto che tra l’altro è stato capo di gabinetto del Viminale, vicedirettore vicario del Sisde e prefetto di Roma, Letta ne ha ricordato gli insegnamenti e il senso dello Stato che emergevano dai preconsigli dei ministri ai quali entrambi partecipavano, l’uno come sottosegretario alla Presidenza (che inoltre era autorità delegata ai Servizi) e l’altro come capo di gabinetto. Una vita, quella di Mosca, basata sull’onore e la disciplina imparati alla scuola militare della Nunziatella e che, come ha detto il figlio del presidente emerito, Giuseppe Cossiga, già sottosegretario alla Difesa, è stata di insegnamento per gli altri. Dell’intensa biografia di Cossiga Caligiuri ha sottolineato due punti: i temi della preparazione culturale e della competenza di chi si occupa di politica e la sua “ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l’incendio”.
Mosca fu mandato da Cossiga a studiare le forze speciali tedesche dalle quali l’allora ministro dell’Interno prese spunto per la creazione del Nocs. Ma c’è un aspetto che il prefetto ha più volte rimarcato nel suo intervento: l’interesse di Cossiga per gli aspetti giuridici dell’intelligence, sui quali si discusse molto nella commissione Jucci per la riforma della legge del 1977 sui Servizi, per esempio per quanto riguarda le garanzie funzionali. “L’intelligence è poco studiata sotto il profilo giuridico – ha detto Mosca che fece parte di quella commissione – e Cossiga capì che questi temi avrebbero potuto dare forza ai Servizi se il diritto non fosse stato più inteso come impedimento agli stessi. Si deve a lui se sono usciti dal cono d’ombra”.
Gli insegnamenti di Cossiga andrebbero tenuti presente anche oggi a cominciare dall’interesse per il Mediterraneo sul quale insisteva dopo il crollo del Muro di Berlino e con la fine del mondo bipolare. Mosca ha ricordato che il presidente capiva la necessità di offrire nuove opportunità all’Italia “purché la politica estera ritrovasse la centralità e con essa la politica di sicurezza”. Per questo sentiva “la necessità di nuovi strumenti di intelligence e di difesa e sicurezza”. Un insegnamento da tenere a mente nell’attuale epoca di sconvolgimenti nella quale, anche se sottovoce, si discute di aggiornare e rendere più moderna la legge del 2007 sul comparto intelligence.