Il quadro generale delle offensive iraniane, sia dirette sia tramite proxy (in particolare Hezbollah) è diventato così ampio, evidente e preoccupante che nessuno stato membro delle Nazioni Unite — tranne lo stesso Iran e suoi sostenitori come Russia, Cina, Siria, Venezuela e Cuba — potrebbe opporsi a un mandato della missione Unifil più rigoroso e all’estensione dell’embargo sulle armi. A New York e tra l’amministrazione statunitense e i governi europei e mediorientali si è assistito a una intesa attività diplomatica. Ma Mosca e Pechino hanno continuato a opporsi ponendo il loro veto sull’embargo. Ma ci sarebbero altre strade che si possono seguire: passare per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite e/o iniziative regionali di natura politica, economica, di intelligence.
Nonostante le ripercussioni politiche e militari delle due esplosioni di Beirut — che hanno messo in luce le responsabilità anche dell’Iran e di Hezbollah, che gestisce il porto della capitale libanese — i tentativi di Hezbollah di riaccendere le tensioni al confine con Israele sono tutt’altro che finiti. Pere esempio, l’esercito israeliano ha recentemente arrestato tre infiltrati dal Libano — apparentemente lavoratori sudanesi migranti — che attraversavano il confine tra Metulla e Misgav Am. Si tratta dell’ottavo caso di questo tipo dall’inizio di quest’anno. Il timore di Gerusalemme è che Hezbollah possa mettere alla prova la prontezza di Israele consentendo ai migranti sudanesi di attraversare il confine e raccogliere informazioni sui movimenti delle truppe israeliane grazie ad agenti travestiti da pastori.
Il diritto di Israele e dei suoi cittadini di vivere in condizioni pacifiche e sicure deve essere considerato insieme alla strategia di terrore, destabilizzazione e aggressione che da tempo l’Iran sta portando avanti nel Medio Oriente, in particolare in Siria, Iraq, Libano, Yemen, in tutto il Golfo e oltre.
Anche per questo non ci può essere alcun dubbio sul fatto che Hezbollah debba essere dichiarata nella sua interezza un’entità terroristica dalla comunità internazionale seguendo quanto fatto già da più di due dozzine di Stati e organizzazioni internazionali. Hezbollah, infatti, non è una forza militare indipendente: è uno strumento fondamentale per le ambizioni strategiche dell’Iran nel suo piano d’azione contro Israele a suon di missili e tunnel per aumentare la forza di deterrenza.
Come il think tank internazionale United Against a Nuclear Iran ha osservato, “l’11 agosto ha segnato il quattordicesimo anniversario dell’adozione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite” che ha imposto la “cessazione immediata da parte di Hezbollah di tutti gli attacchi e la cessazione immediata da parte di Israele di tutte le operazioni militari offensive”. Ma a oggi Hezbollah rimane armato e attivo nel Sud del Libano, dimostrando l’incapacità dello Stato libanese di frenare il “Partito di Dio”.
Infatti, in un nuovo rapporto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il segretario generale Antonio Guterres sottolinea il fallimento di Beirut. Scrive: “Il mantenimento di armi non autorizzate al di fuori del controllo statale da parte di Hezbollah e di altri gruppi armati non statali rappresenta una persistente violazione della risoluzione 1701 (2006) ed è motivo di grave preoccupazione”. Lamenta inoltre Unifil “deve ancora ottenere l’accesso a tutte le località a Nord della Linea Blu in relazione alla scoperta di tunnel che attraversano la Linea Blu in violazione della risoluzione 1701”.
La mancanza di conformità è un altro promemoria di come Hezbollah abbia paralizzato e dominato il Libano e la sua politica. Con le esplosioni al porto di Beirut la scorsa settimana e le dimissioni del governo in mezzo a una serie di crisi economiche e politiche in conflitto, il Partito di Dio continua a rimanere intoccabile.