“Ha avuto 38 di febbre il primo giorno dopo la somministrazione, poi il secondo 37 e più niente”, così Vladimir Putin annuncia al mondo il raggiungimento dell’arma strategica del momento da parte della sua Russia, il vaccino contro Covid, già somministrato a una delle sue figlie. È un messaggio diretto, che avvicina al popolo – parlando della figlia – il successo globale che Mosca rivendica e dimostra con questo che il farmaco russo è sicuro (tanto di averlo fatto usare, appunto, a quanto ha di più caro il presidente).
La simbologia è importante, anche perché non ci sono troppi dettagli. Putin ha spiegato durante un meeting di governo (ripreso via Facebook e dai media statali) che il primo vaccino contro il coronavirus è stato registrato e ha detto che gli scienziati russi hanno superato le fasi di test necessarie e hanno anche dimostrato la sicurezza e l’efficacia del farmaco per assicurare l’immunità a SarsCoV-2. “La nostra medicina ha affrontato adeguatamente l’epidemia e ora dà speranza non solo al nostro Paese ma al mondo intero”, ha dichiarato il presidente russo, che (a proposito di simbologia) ha aggiunto che come una volta il satellite sovietico Sputnik “ha aperto la strada all’umanità nello spazio, ora il vaccino russo aprirà la strada al futuro senza Covid-19, maschere e isolamento sociale”. Il vaccino si chiama “Sputnik V”.
Chiaramente ci sarà da capire quanto sia reale ed efficace il risultato raggiunto, perché spesso il Cremlino ha esagerato la propria dimensione per seguire i piani di ricostruire la Grande Russia che rappresentano il cuore della dottrina del suo presidente. Già da giorni parti della comunità scientifica hanno per esempio criticato la decisione russa di passare alla registrazione del vaccino senza la cosiddetta “Fase-3” della sperimentazione. Quella che solitamente dura molti mesi e coinvolge migliaia di persone per registrare gli effetti su un campione ampio.
“Sono preoccupato che la Russia stia accelerando e il vaccino che uscirà può essere non solo inefficace, ma anche pericoloso”, ha detto a VoA Lawrence Gostin, esperto di diritto della sanità pubblica globale presso la Georgetown University. “Non funziona in questo modo.[ …] Le prove vengono prima. Questo è davvero importante”. Nei giorni scorsi a parlare dell’approvazione anticipata del vaccino creato dallo statale Gamaleya research institute di Mosca era stato Kirill Dmitriev, capo del Direct Investment Fund, il fondo sovrano russo – un richiamo che dà l’immagine della dimensione anche economica che si prospetta davanti alla Russia se il vaccino dovesse funzionare e della necessità che il Cremlino e gli altri governi internazionali hanno nell’arrivare primi sul farmaco.
La scorsa settimana anche Anthony Fauci, il virologo-in-chief statunitense, ha messo in dubbio l’approccio accelerato: “Spero che i cinesi e i russi stiano effettivamente testando un vaccino prima di somministrarlo a chiunque, perché le affermazioni di avere un vaccino pronto da distribuire prima di eseguire i test credo siano problematiche nella migliore delle ipotesi”. Da questo deriva la dichiarazione di Putin sulla somministrazione alla figlia? Probabile – gli stessi scienziati del Gamaleya hanno annunciato nei giorni scorsi di aver testato il vaccino su sé stessi per spiegare simbolicamente quanto lo ritengono sicuro. Lo studio clinico a Mosca — in Fase 1 — è iniziato soltanto il 17 giugno, con somministrazioni di soluzione iniettabile e sotto forma di polvere solubile in 38+38 pazienti-campione. Il 3 agosto il Gamaleya ha annunciato di aver chiuso la Fase 2 e di aver subito cominciato gli studi successi, per cui si richiede da 4-6 mesi a un anno solitamente. Prima dell’annuncio di Putin sulla registra, l’Oms considerava il vaccino ancora in Fase 1, e chiaramente non esiste nessuna pubblicazione in peer-review. Stando ai fatti, diversi altri laboratori sono sullo stesso livello di studio di quello russo — su tutti quelli americani di Moderna e Pfizer .
Val la pena ricordare che le intelligence inglesi e statunitensi (e non solo) nelle scorse settimane hanno alzato l’allarme sul rischio che hacker russi e cinesi spiassero i laboratori più sofisticati – come quello in fase di studio molto avanzata della Oxford University che coopera con AstraZeneca e a cui partecipa anche l’Italia – per carpire informazioni sulle formule. Altre elemento utile da tenere a mente: all’inizio dell’anno, epoca pre-Covid, Putin aveva detto che gli scienziati russi avevano consegnato un vaccino contro l’Ebola che “si è rivelato il più efficace al mondo” e “ha dato un contributo reale alla lotta contro la [malattia] in Africa”. In realtà sembra che il ministero della Sanità russo abbia autorizzato due vaccini contro l’Ebola per uso domestico – uno nel 2015 e un altro nel 2018 – ma ci sono poche prove che entrambi siano stati ampiamente utilizzati in Africa. Tra l’altro attualmente l’Oms li considera “candidati”, perché non hanno ancora superato la Fase-3 dei test.