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L’intesa con Washington corre sui mari. L’incontro tra Guerini e il segretario della US Navy

Dal Mediterraneo allargato alle fregate multi-missione, fino a nuove collaborazioni industriali, l’intesa con gli Stati Uniti corre via mare. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha ricevuto oggi a Roma il segretario della US Navy Kenneth Braithwaite (confermato nell’incarico a metà maggio dal Senato americano), che poi ha tenuto incontri con il capo di Stato maggiore della Difesa Enzo Vecciarelli e, a palazzo Marina, con il capo di Stato maggiore della Forza armata, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone. “L’azione congiunta delle Marine di Italia e Stati Uniti è un presidio importante per la sicurezza dei mari, a partire dal Mediterraneo”, ha detto Guerini a margine dell’incontro. “Un contributo essenziale per stabilità internazionale e libertà di navigazione”, ha aggiunto il titolare di palazzo Baracchini.

GLI SCENARI OPERATIVI

In agenda prima di tutto le numerose operazioni che vedono coinvolte le Marine dei due Paesi (soprattutto sotto egida Nato), in un arco d’azione che copre l’intero Mediterraneo e che punta a garantire la sicurezza dei mari, in particolare la sorveglianza delle linee di traffico commerciale. Come evidenziato da Guerini, il punto di partenza della collaborazione navale con gli Usa è proprio il mare nostrum. Poco meno di un anno fa, dall’incontro alla Casa Bianca con Donald Trump, il premier Giuseppe Conte incassava dagli Usa l’assenso a un ruolo-guida dell’Italia nel Mediterraneo, in particolare per l’annosa questione libica. A fine gennaio, durante la visita di Guerini al Pentagono, il segretario alla Difesa Mark Esper presentava l’Italia come “partner cruciale in Europa e nel Mediterraneo”.

DAL GOLFO DI GUINEA… A HORMUZ

La US Navy mantiene in queste acque un presenza fissa da circa settant’anni con la Sesta flotta basata a Napoli, lì dove si trova il Comando delle United States Naval Forces Europe sotto la guida dell’ammiraglio James G. Foggo III. A fine aprile, nel Mediterraneo centrale, la Marina italiana ha condotto con la fregata Martinengo un’esercitazione bilaterale con il cacciatorpediniere Porter e la nave rifornitrice Supply della US Navy. L’obiettivo era testare le comunicazioni e lo scambio dati con entrambe le navi americane, nonché un rifornimento in mare con la Supply. “Esercitazioni del genere – ha spiegato la Forza armata italiana – contribuiscono al mantenimento della capacità operativa delle unità della Squadra navale e costituiscono un momento importante di scambio con le marine alleate per incrementare l’interoperabilità degli equipaggi”.

VERSO IL GOLFO DI GUINEA…

Anche oltre il Mediterraneo ci sono diverse aree strategiche di comune interesse. Tra le novità dell’ultima delibera (appena approvata dal Parlamento) sulle missioni militari c’è per l’Italia un impegno nelle acque internazionali del Golfo di Guinea. Si tratta di un “dispositivo aeronavale nazionale per attività di presenza, sorveglianza e sicurezza”, con l’obiettivo di contrastare e prevenire la pirateria e tutelare asset strategici per gli interessi nazionali, tra cui si citano prima di tutto quelli estrattivi dell’Eni. Nell’area è da tempo impegnata la Marina Usa. Dallo scorso gennaio, gli Stati Uniti hanno assunto il segretario annuale del “G7++ Friends of Gulf of Guinea Group”, iniziativa accompagnata da una serie di attività per aumentare le capacità degli Stati rivieraschi di garantire sicurezza marittima.

… E LO STRETTO DI HORMUZ

Ciò che manca invece nella delibera sulle missioni è un impegno nello Stretto di Hormuz. A gennaio, il Consiglio dell’Unione europea aveva trovato consenso politico sulla missione Emasoh, una coalizione di volenterosi nata su iniziativa di Parigi a cui l’Italia si diceva favorevole. Da circa un anno le acque dello stretto di Hormuz sono d’altra parte tornate a surriscaldarsi per l’assertività iraniana. Gli Stati Uniti invocano da tempo un coinvolgimento maggiore degli alleati nel controllo della regione, avendo per ora raccolto il supporto del Regno Unito per l’operazione Sentinel. L’Italia ha già mostrato l’intenzione di aderire al progetto francese (che comunque fa piacere agli americani), senza però riscontri nella delibera approvata oggi alla Camera. “L’Italia ha pubblicamente dichiarato appoggio politico per la missione; tuttavia – ha spiegato il ministro della Difesa – ritengo che sia un’opportunità da esplorare nel corso del 2021”.

TRA PORTAEREI E FREMM

Nel frattempo, la portaerei Cavour della Marina militare italiana si prepara ad attraccare negli Usa per qualificare il suo ponte di volo all’imbardo degli F-35B, versione a decollo corto e atterraggio verticale del velivolo di quinta generazione. Tali assetti saranno impiegati sulle portaerei di pochi Paesi (Usa, Italia, Regno Unito e Giappone), ragion per cui si studiano possibili sinergie a livello operativo e logistico, un tema sul tavolo del vertice odierno. D’altra parte, la collaborazione navale tra Usa e Italia è rodata anche in campo industriale. A gennaio, la visita di Guerini a Washington era stata anticipata dalla maxi commessa assegnata a Leonardo dalla US Navy per 130 elicotteri d’addestramento. A fine giugno, nel suo tour elettorale, Donald Trump ha fatto tappa in Wisconsin presso i cantieri di Marinette Marine, controllata americana di Fincantieri, fresca di vittoria per realizzare le nuove fregate della Marina americana.

LE QUESTIONI INDUSTRIALI

Il contratto assegnato ad aprile vale quasi 800 milioni di dollari per la realizzazione della prima unità del programma Ff(g)X della US Navy con opzione per altre nove navi che, insieme alle attività di post-vendita, supporto e addestramento, porta il valore del contratto a 5,5 miliardi di dollari, tra l’altro per un programma che chiede nel complesso venti unità navali. Una vittoria basata prima di tutto sulla qualità del prodotto offerto: il progetto della classe Fremm utilizzata dalla Marina italiana, che ha convinto anche ai tempi del “buy American”. Ne hanno parlato oggi Guerini e Braithwaite, esprimendo il comune interesse a rilanciare una collaborazione più spinta a livello commerciale e a sperimentare sinergie operative, proprio considerando che il prodotto utilizzato dalla Us Navy sarà simile a quello della Marina italiana.

UNA PARTNERSHIP STRATEGICA

Oltre al prodotto, nella gara Ff(g)X, ha pesato poi il consolidato rapporto industriale tra Italia e Stati Uniti. Fincantieri insieme a Lockheed Martin realizza le Lcs per la Marina militare americana, in una cooperazione che si è dimostrata efficace con dieci consegne già effettuate (su 16 navi). In più, la controllata Fmm ha ottenuto lo scorso dicembre l’ordine plurimiliardario per quattro unità (classe Mmsc) destinate all’Arabia Saudita. In più, c’è il supporto delle istituzioni, senza il quale l’export nel campo della Difesa sarebbe davvero difficile. L’assegnazione del contratto di aprile è arrivata dopo una serie di visite incrociate e di incontri che nell’ultimo anno hanno coinvolto presidente della Repubblica, premier e ministri, compreso appunto Lorenzo Guerini.



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