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Usa e alleati europei alla prova del 5G (l’Italia c’è)

Che cosa fanno un britannico, un francese, un italiano, uno statunitense e un tedesco in un edificio parigino del governo francese? Parlano di 5G e di Cina.

Ufficialmente Robert O’Brien, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente statunitense Donald Trump con trascorsi da negoziatore di ostaggi, si trova nella capitale francese in compagnia del suo vice, Matthew Pottinger, ex giornalista del Wall Street Journal che ha passato sette anni della sua vita Cina prima di diventare un ufficiale dell’intelligence dei Marines, per partecipare alla festa nazionale francese del 14 luglio. Con loro nella tre giorni parigina anche Ryan Tully, appena nominato a capo degli affari europei e russi del Consiglio per la sicurezza nazionale.

Ma i festeggiamenti parigini (quest’anno in formato ridotto a causa del Covid-19) sono poco più che una scusa. I tre funzionari della Casa Bianca incontreranno anche le controparti di Francia, Germania, Italia e Regno Unito. Tanti i temi in agenda: dall’impegno militare statunitense in Afghanistan e in Germania per finire con il piatto forte, cioè il 5G e le catene di approvvigionamento, che hanno un comune denominatore — la Cina. L’obiettivo degli Stati Uniti è, infatti, quello di trovare una posizione comune con i principali alleati europei sul 5G: da una parte frenando l’ascesa dei colossi cinese Huawei e Zte, dall’altra dando vita a un mercato in cui possano crescere le alternative occidentali (a partire dalla svedese Ericsson e dalla finlandese Nokia).

GLI INCONTRI DOPO LA SCELTA BRITANNICA

L’incontro tra O’Brien e l’omologo britannico Sir Mark Sedwill (che a settembre lascerà il Civil service britannico, vittima delle purghe di Dominic Cummings, il superconsigliere del premier Boris Johnson) non dovrebbe riservare sorprese dopo la decisione di Londra di vietare Huawei, come raccontato da Formiche.net. Una scelta così commentata da Richard Grenell, trumpianissimo ex ambasciatore statunitense a Berlino oggi inviato della Casa Bianca per i negoziati di pace tra Serbia e Kosovo: “BoJo (Boris Johnson, ndr) guida la reazione europea alla Cina”.

Riflettori puntati, invece, sugli incontri con gli omologhi francese, italiano (presente a Parigi l’ambasciatore Pietro Benassi, consigliere diplomatico del premier Giuseppe Conte) e tedesco. Washington è impegnata a indicare la via appena intrapresa da Londra agli altri alleati europei visto che Parigi sconsiglia Huawei ma non la vieta e Berlino ancora non si è decisa (seppur, come raccontato da Formiche.net nelle scorse settimane, il governo tedesco, attraverso Deutsche Telekom di cui possiede il 14,5 per cento e con la benedizione della cancelliera Angela Merkel ha rafforzato i suoi legami con il colosso di Shenzhen). Quanto a Roma, invece, le vicende degli ultimi giorni — dalla scelta di Tim di escludere Huawei delle gare in Italia e in Brasile alla decisione, rivelata da Formiche.net, del Consiglio dei ministri di una settimana fa di esercitare i poteri previsti dal golden power sulla fornitura di tecnologia da parte del colosso cinese a Tim e Windtre — sembrano garantire all’ambasciatore Benassi una posizione più forte di quella che avrebbe potuto avere fino a poche settimane fa.

LE POSIZIONI EUROPEE

Due elementi meritano, infine, una sottolineatura. Il primo riguarda la scelta di Washington. Certo, i festeggiamenti parigini ma in altri tempi, con altri rapporti tra Stati Uniti e Germania, la Casa Bianca non avrebbe avuto dubbi: un rapido passaggio nella capitale parigina e poi in volo verso Berlino per gli incontri con le controparti europee. Ma le relazioni tra Trump e Merkel non sono affatto buone, senza dimenticare il particolare che è proprio la Germania il Paese dell’Unione europea che sembra meno disposta a voltare le spalle alla Cina. È sufficiente leggere un tweet dell’europarlamentare tedesco Reinhard Bütikofer, portavoce dei Verdi per la politica estera dopo la decisione del governo britannico: “Ora tocca a Berlino agire! La cancelliera davvero vuole essere l’ostacolo che impedisce una posizione comune Ue, transatlantica, Five Eyes?”.

Il secondo elemento ha a che fare con l’Italia che, invece, sembra disposta ad approfittare delle difficoltà della Via della seta per un ripensamento discreto delle relazioni con Pechino: per il nostro Paese essere in questo gruppo è naturale ma non è mai scontato. Come spiegano fonti diplomatiche a Formiche.net, “è un ottimo risultato, che dimostra l’importanza dell’Italia per gli Stati Uniti”.



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