La Politica, con la P maiuscola, la grande assente dei nostri giorni, quella in grado di conciliare potere e sapere è la protagonista de La Visione, l’ultimo libro del giornalista e saggista Alessandro Barbano. Perché “dalle grandi crisi non si esce senza la politica. E la politica ha bisogno di idee coltivate con cura e cementate nel corpo del Paese. Oltre il tempo dell’urgenza”.
Giovedì la presentazione con un parterre de rois: dalla vice Presidente della Camera Mara Carfagna, alla capogruppo di Italia Viva Maria Elena Boschi, dallo storico Paolo Mieli, al fondatore di Sant’Egidio Andrea Riccardi. A coordinare il dibattito post Covid nel teatro all’aperto della Casa del Cinema un infaticabile Gianni Letta, primo tra i testimonial del metodo del confronto.
Analisi di scenario, riflessioni e, soprattutto, un metodo che ci salvi dalle “deleghe in bianco”. “Virologi, infettivologi, immunologi sono diventati i veri decisori nei giorni più drammatici della pandemia” cosicché “nei fatti gli scienziati hanno dato l’impressione di mettere sotto tutela la democrazia italiana”.
Si parte dalla pandemia da Coronavirus “siamo entrati nel tunnel dei contagi convinti di essere assistiti dalla migliore sanità del mondo. E ne siamo usciti a pezzi” e si vola alto sopra la contingenza. Oltre il “presentismo” per fare riflessioni di ampio respiro che non si riducano al tempo di un click.
Idee per contrastare l’eclissi della Politica.
Idee sulla Giustizia.
Idee sulla Scuola per valorizzare (o almeno non dimenticare) i saperi di base (greco, latino, filosofia, matematica) rilegittimandoli come la vera fonte delle competenze, ovvero “come gli strumenti del pensiero critico e dell’attitudine ad imparare”, anche se sembrano lontani dalle finalità pratiche di un mondo sempre più tecnologizzato. “Il loro valore formativo è essenziale per la costruzione del pensiero logico, della flessibilità cognitiva, dell’eclettismo che fa di alcuni dei nostri laureati grandi talenti apprezzati all’estero”, senza dimenticare un necessario confronto con l’universo digitale. Per un’integrazione dei saperi “perché la scuola diventi anzitutto il luogo dove si sviluppa il pensiero critico del futuro cittadino”.
Pensiero critico appunto, che ci orienti oltre la demagogia del momento.
Pensiero critico come antidoto alle fake news “contro l’analfabetismo funzionale” inteso come “l’incapacità di usare in modo efficace le capacità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana, ma soprattutto l’incapacità di comprendere, valutare e usare le informazioni che incontriamo nella vita”.
La visione si snoda in sette capitoli tematici: dalle ragioni di un’alleanza al centro che superi demagogia e populismi, al tema attuale e irrisolto della giustizia “macchina del dolore non giustificabile”. E di fronte a queste derive la risposta è sempre la Cultura.
Fondamentale è anche il ruolo di chi è responsabile della narrazione dei nostri tempi. “Il giornalismo può giocare un ruolo decisivo: può cioè far ricorso alla sua autonomia e indipendenza intellettuale per filtrare e disinnescare l’aggressività, evitando che essa si traduca in distruttività per la democrazia”. O al contrario, il giornalismo, specie quello urlato dei talk show può contribuire “a produrre un’ipertrofia di rappresentazioni politiche in cui prevale un tratto contrappositivo permanente, non più collegabile a fatti giornalisticamente rilevanti, ma frutto di un effetto trascinamento”. Modello di giornalismo che da un trentennio prevale sul primo, nel nostro Paese.
L’autore, fin dal prologo dal titolo manifesto “La malattia autoimmune”, ci invita a farci carico della nostra parte di responsabilità per ripartire dal primato del sapere e del merito quale fonte primaria di legittimazione.
Barbano dopo Troppi diritti e Le dieci bugie lancia la sfida di una presa di coscienza collettiva, un manifesto, non solo una visione.