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Idlib. Russia e Cina fermano gli aiuti (mentre arriva il Covid)

In un nuovo rapporto delle Nazioni Unite si citano 52 attacchi separati che hanno portato a una vasta distruzione di infrastrutture e morti civili a Idlib. La città è al centro dell’unica provincia siriana rimasta in mano ai ribelli e da mesi è stretta d’assedio dal regime. Le forze del rais Bashar el Assad, costituite dalle unità aeree russe e dalle milizie sciite mobilitate dall’Iran, hanno accerchiato l’area ribelle e la stanno strozzando. All’interno ci sono 3 milioni di persone, molte in condizioni di sfollati, di cui chiaramente la stragrande maggioranza sono civili. I ribelli armati appartengono invece a gruppi diversi, di cui uno dei principali è l’erede della filiale qaedista locale. La tecnica di riconquista di Damasco è nota: chiudere tutti gli accessi, isolare la zona non permettendo l’arrivo di cibo, acqua e generi di prima necessità. Prima o poi i nemici, sfiniti, saranno costretti a una resa. Nel frattempo, ondate di bombardamenti rendono la vita degli abitanti della provincia di Idlib infernale.

La linea siriana è evidentemente appoggiata in sede Onu non solo dalla Russia, alleato anche sul terreno, ma pure dalla Cina. Pechino e Mosca hanno infatti posto il veto nei giorni scorsi a una risoluzione che avrebbe permesso di continuare l’assistenza umanitaria iniziata a gennaio fino oltre il 10 luglio. Gli aiuti Onu avrebbero consentito l’entrata a Idlib di convogli umanitari sfruttando Bab al-Hawa e Bab al-Salameh, valichi sul confine turco.

Questo per evitare che il transito umanitario fosse gestito da uomini del regime. Sia per ordini superiori, sia perché sottrarre prodotti è diventato un ottimo business di contrabbando — visto l’enorme crisi economica che sta colpendo la Siria — gli aiuti Onu arrivavano sempre molto filtrati.

Al disastro umanitario permesso anche dalle decisioni di Russia e Cina (unici Paesi contro la risoluzione al Consiglio di Sicurezza) si aggiunge uno scenario spaventoso: sabato scorso, tre medici di Idlib sono stati trovati positivi al coronavirus.

Se l’epidemia dovesse dilagare nell’area sarebbe devastante, anche perché non solo le strutture sanitarie della zona sono carenti, ma i caccia russi e siriani (come ricorda quel report Onu) le hanno più volte bombardate nell’ambito di quella tecnica di sfiancamento.



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