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Legge elettorale, perché evitare le opposte tifoserie. Scrive Reina

Lo scenario politico si va sempre più aggrovigliando, la confusione è tanta, diffidenze e dubbi crescono, i partiti politici sono attraversati da contrasti e frizioni, si ha la sensazione che nessuno in questo momento abbia chiaro il nuovo orizzonte verso cui guardare per ridare serenità nell’unità al Paese.

C’è la concreta ipotesi, vista la problematica navigazione del governo di Giuseppe Conte, che si torni a votare per avere un quadro parlamentare rassicurante, più chiaro e meno disarticolato. Tale probabilità spinge ovviamente le diverse componenti politiche a ragionare di legge elettorale, come è consuetudine da qualche lustro in previsione del rinnovo del Parlamento.

È noto che in tale contingenza forze politiche maggioritarie cercano di tutelarsi in ogni modo, mentre quelle poco consistenti, temendo di subire danni, avanzano proposte di sistemi impropri, complessi, talvolta bislacchi, che non si apprezzano per coerenza e logica, ma solo per i vantaggi che possono ottenere i loro partiti.

Mattarellum, Porcellum, Italicum ne sono la prova evidente, non a caso la condizione della democrazia ha risentito parecchio degli effetti disastrosi di questi meccanismi di voto. Congegni contorti, che hanno reso sempre più problematica la trasformazione dei voti in seggi, alterando o sminuendo il dato della rappresentanza, e favorendo la crescita degli astenuti ad ogni tornata elettorale.

La fine della prima esperienza repubblicana in Italia (1948-1992) comportò l’abbandono del sistema elettorale proporzionale con preferenze, prezioso strumento che consentì il rafforzamento della democrazia, la diffusione della libertà, la potenziale partecipazione attiva di tutti i cittadini alla cosa pubblica.

Fu la scelta che illuminati esponenti politici operarono, una volta superata la tragica fase della guerra e la nefasta esperienza del regime totalitario, per cui gli spazi di libertà si erano talmente ridotti che le popolazioni italiane non ne potevano più di un sistema oppressivo e negatore delle libertà naturali.

Gli esponenti antifascisti, lungimiranti e più avveduti, concordarono che per rafforzare i fondamenti della nascente democrazia repubblicana era indispensabile puntare su un sistema di voto che permettesse a tutti di partecipare direttamente alla vita politica, per cui la proporzionale con preferenze era considerato il sistema più idoneo per rinsaldare un regime di libertà.

Popolari e socialisti di Turati già agli inizi del ‘900 si erano impegnati a cambiare il sistema di voto da maggioritario in proporzionale. Sturzo nel primo ventennio del XX secolo, ben consapevole del valore della legge elettorale, appena nato il partito popolare italiano, ebbe ad affermare: «Dopo la costituzione, la più importante nell’ordine istituzionale è la legge elettorale. Con questa si dà vita, validità e moto agli organi rappresentativi di un paese, quali ne siano le forme e l’estensione che li configurano».

E da qui la necessità di avere una legge elettorale quanto più adatta alle esigenze di rappresentanza del popolo nelle istituzioni. «Quel che è fondamentale – scriveva ancora Sturzo – perché l’autorità popolare sia tradotta dalla potenza all’atto si è anzitutto avere uno strumento di espressione che risponda ai consensi del popolo.

La legge elettorale deve essere una legge relativa al tempo, ai costumi, alla tradizione, alla civiltà dei popoli, perché poggia principalmente sulla fiducia e sulla coscienza generale. Così si spiegano le varie fasi del suffragio popolare, sia nell’antichità greca e romana, sia nel medioevo, sia nell’epoca moderna, specialmente in quella posteriore alla rivoluzione francese».

La legge elettorale, quindi, è elemento peculiare, fondamentale nell’organizzazione dello Stato, per cui non può essere considerata strumento mobile finalizzato a procurare vantaggi a chicchessia. Il sistema di voto deve essere valutato in relazione alla sua maggiore adattabilità alle condizioni generali del Paese e non a favorire chi vuole prevaricare forze politiche concorrenti.

Non a caso tanti intellettuali, storici, giuristi, antichi politici concordano che il modello elettorale più adeguato oggi per l’Italia è il sistema proporzionale con preferenze, è il meccanismo che garantisce più degli altri partecipazione, democrazia e libertà, limitando la formazione di scadenti oligarchie e di improvvisati partiti personali. Il cittadino-elettore liberamente sceglierebbe l’alleanza, il partito, i propri rappresentanti.

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