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Ora o mai più. Così l’Italia può collocarsi a Ovest. Scrive il prof. Mayer

La presenza a Roma del Segretario di Stato Mike Pompeo è l’ occasione per aggiornare l’analisi della collocazione geopolitica dell’ Italia.

Nel nuovo bipolarismo (Stati Uniti e Cina) che caratterizza sul piano ideologico ed economico il sistema internazionale contemporaneo l’Italia è nuovamente diventata una nazione di importanza strategica.

Lo era stata durante tutto l’arco della cosiddetta “Prima repubblica”, dalla fine della seconda guerra mondiale sino a trenta anni fa, sino alla caduta del muro di Berlino e alla dissoluzione dell’ Unione Sovietica.

Questo oggettiva novità geopolitica si presenta come una straordinaria opportunità per il futuro dell’Italia.

Tuttavia – almeno per ora – la classe politica di maggioranza e di opposizione non si è resa conto di quanto il quadro internazionale sia cambiato a nostro potenziale vantaggio.

Ora tocca a Luigi Di Maio (e ai ministri Vincenzo Amendola e Lorenzo Guerini) cogliere la palla al balzo e mobilitare la Farnesina per definire una strategia di politica estera (ed europea) all’altezza del ruolo potenziale che l ‘Italia potrebbe e dovrebbe svolgere in questa nuova e delicata fase internazionale .

Ma non spetta solo al ministro degli Esteri cogliere il cambiamento di fase. Per parlare soltanto del gruppo più numeroso una responsabilità fondamentale ricade sulle spalle dei parlamentari del movimento 5 stelle alla Camera e al Senato.

In questi giorni il loro leader maximo si è divertito a vendere su eBay pomice griffata con la sua firma a 1000 euro. E non si è limitato a questo tipo di gesti provocatori e un po’ patetici.

Forse, come ha ipotizzato Massimo Teodori, Beppe Grillo tenta di coprire il tramonto politico-elettorale dei 5 stelle con una pesante delegittimazione della democrazia parlamentare?

La Suprema Autorità (il “Garante” o l'”Elevato” che dir si voglia) del partito con il maggior numero di rappresentanti nel Parlamento della Repubblica non crede alla democrazia parlamentare.

Da un lato è un’opinione legittima, per quanto un brutto segno di sfiducia verso le istituzioni repubblicane. Dall’altro essa rappresenta una oggettiva e clamorosa delegittimazione dei senatori e deputati del Movimento Cinque Stelle.

È davvero strano che nessuno di loro abbia detto una parola, in fondo sono persone che hanno creduto e si sono impegnate nella ribellione dei “Vaffa”. Una volta nella vita un “Vaffa” potrebberlo dirlo anche a Grillo.

Invece le parole di Grillo non hanno suscitato alcun dibattito all’interno del Movimento. Nessuno dei suoi deputati o senatori – salvo una doverosa difesa d’ufficio del Presidente della Camera Roberto Fico – ha avuto il coraggio di prendere le distanze da Grillo. Perché? Per paura di essere espulsi? Oppure – e questo sarebbe molto peggio – perché plasmati da una visione politica ignorante e faziosa?

Per tornare alla geopolitica, viene spontaneo un dubbio: Grillo non ha mai nascosto la sua personale ammirazione per il regime monopartito di Pechino. Qualora Grillo – mettendo in difficoltà Di Maio, Fraccaro e lo stesso Angelo Tofalo dovesse imprimere una decisa propensione filo cinese ai Cinque Stelle, come reagirebbero i suoi gruppi parlamentari?

È un dubbio che ogni tanto sfiora i nostri alleati europei e americani. Nonostante le dichiarazioni ufficiali il modello normativo italiano ha fatto grandi progressi, ma non è ancora in grado di dare reali garanzie né sul 5G né sulla rete fissa UBN né sulle torri Tlc né sui porti.

Nel caso delle aziende cinesi proprio dagli Stati Uniti potremmo importare spunti per prescrizioni contrattuali (Department of Commerce 2018) per avviare un buon negoziato italiano ed europeo con la Cina in ambito digitale e telecomunicazioni.

Analoghi spunti sono offerti da Israele in ambito portuale. Alcune soluzioni tecniche e giuridiche nel pieno rispetto della collocazione Euro- atlantica sono a portata di mano. Cosi come validi suggerimenti da portare nell’ambito dell’Unione Europea a partire dal Consiglio del 1 ottobre.

Tuttavia per farlo – e non vale certo solo per i Cinque Stelle – è necessario elevare il livello delle relazioni: ci vuole un dialogo diretto con Washington e Bruxelles, con Berlino e Parigi e naturalmente con Pechino. Ascoltare solo i piccoli e grandi intermediari e i gruppi di pressione rischia di portare l’Italia in un vicolo cieco.

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