La Corea del Nord ha diffuso una dichiarazione del leader Kim Jong-un – che a quanto pare non è morto, come si sosteneva mesi fa – che ha del sorprendente: si è scusato per l’uccisione di un funzionario sudcoreano nel Mar Giallo, in acque controllate da Pyongyang. “Un affare vergognoso”, ha detto in un comunicato il satrapo, dicendosi dispiaciuto “per aver deluso il presidente Moon e i sudcoreani”.
Le scuse sono state rese note ieri dal ministero della Difesa di Seul, e sembrano chiudere il cerchio su un giallo che durava da qualche giorno. Un funzionario sudcoreano aveva disertato e mentre cercava rifugio in Corea del Nord è stato colpito dai militari che difendono il confine marittimo occidentale. Gli hanno sparato dieci colpi da una motovedetta secondo procedura e sempre secondo questa hanno bruciato tutto quello che aveva sulla sua imbarcazione per evitare che potesse diffondere il coronavirus. Il corpo, differentemente da quando è stato detto all’inizio, non sarebbe stato bruciato.
Il mistero si infittisce su quanto accade, perché è del tutto singolare che Kim invii scuse formali per un fatto del genere a Seul – che per altro, stando a quanto raccontato, darebbe sotto diversi aspetti ragione ai nordcoreani, che hanno sparato (azione certamente eccessiva) contro una potenziale penetrazione entro i propri confini. In altri momenti Kim avrebbe ignorato la vicenda, e la satrapia avrebbe diffuso a mezzo stampa dichiarazioni ruggenti (e informazioni alterate) sulla difesa del proprio territorio.
Ma nei giorni scorsi ci sono stati due elementi a contorno. Il primo: si è parlato di uno scambio di lettere tra il nordcoreano e il presidente dei cugini del Sud, Moon Jae-in, precedente alla vicenda. Secondo: Seul ha elevato il livello di prontezza militare nel Mar Giallo e Moon ha promesso di essere pronto a tutto davanti a qualsiasi minaccia per la sicurezza dei suoi cittadini. L’annuncio di Seul sulle scuse di Kim può sembrare dunque una spinta per chiudere rapidamente l’episodio che ha le condizioni potenziali per elevare le tensioni.
Il dossier nordcoreano è uscito dai riflettori dei media da tempo. Se si escludono le voci sulle condizioni di salute di Kim, la questione centrale, ossia la denuclearizzazione di Pyongyang, non è più un argomento di interesse. Gli attori in campo, su tutti gli Stati Uniti – che con Donald Trump avevano avviato contatti diretti con il leader del Nord in quell’ottica – hanno fatto in modo di far scendere l’attenzione.
Trump prometteva di chiudere il fascicolo come eredità del suo primo mandato, ma Kim – al di là di sfruttare le occasioni mediatiche degli incontri con l’americano per essere recuperato come interlocutore internazionale – non ha mai avuto troppa intenzione di mollare sul programma atomico. La velocità con cui si è voluto chiudere l’episodio nel Mar Giallo preannuncia nuovi contatti negoziali?