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Il referendum non salverà M5S, bene il Pd ma occhio alle politiche. La versione di Tarchi

A margine della consultazione referendaria (che ha visto stravincere il fronte favorevole al taglio dei parlamentari) e dopo il “pareggio” fra coalizioni di centrodestra e centrosinistra in termini di elezioni regionali, ci sono due dati inconfutabili. “La stabilità del governo” e un risultato “superiore alle aspettative”. Sono questi i due cardini dell’analisi che ha fatto con Formiche.net il politologo e docente dell’Università di Firenze, Marco Tarchi. Lasciando, riflettendo sulle proiezioni sulla stabilità del Conte bis, un punto d’incognita legata alla gestione, da parte del governo, dei fondi compresi nel Recovery Fund. Fondi dei quali, ad oggi, si è solo sentito parlare.

Il referendum sul taglio dei parlamentari fotografa un Paese diviso per i due terzi sul Sì e per un terzo sul No. A suo giudizio era prevedibile vincesse il Sì al netto delle proiezioni? Che tipo di componenti sono stati determinanti per questo esito?

Mi pare che tutti i sondaggi indicassero da tempo un rapporto 70%-30%. Lo spostamento in favore del No che vari organi di stampa pronosticavano (e probabilmente auspicavano) non c’è stato. Sul voto ha certamente pesato il persistente fastidio di una parte cospicua dell’opinione pubblica verso la classe politica.

Pensa che questo risultato possa in qualche modo aiutare i 5 Stelle a riguadagnare il consenso perduto?

Il risultato, ai miei occhi, non invertirà la tendenza al calo del Movimento 5 Stelle, che con i suoi voltafaccia dell’ultimo anno ha ormai perso una metà (se non di più) dell’elettorato del 2018 e non lo riguadagnerà, a meno di un improbabile recupero dell’identità originaria sotto la guida di Alessandro Di Battista, ormai evidentemente osteggiato dalle gerarchie interne.

Quanto influirà questo voto sulla tenuta dell’esecutivo?

La stabilità dell’esecutivo non sarebbe stata messa in discussione neppure da un successo del No: il collante è la certezza che, cadendo Conte, buona parte di deputati e senatori del Partito Democratico e del M5S non riguadagnerebbero più il seggio.

Il centrosinistra come ne esce, sia sulla partita referendaria, sia sulle Regionali (appena il quadro sarà definito)?

Meglio di come si aspettava, ma certamente non con maggiori speranze di successo se si andasse verso elezioni politiche. E resta l’incognita per quanto tempo le iniezioni promesse di denaro da parte dell’Unione europea potranno bastare a tener buoni i settori sociali più toccati dalle vicende della pandemia.

Luca Zaia ha stravinto in Veneto e Francesco Acquaroli anche, in una regione (le Marche) nella quale c’è tanto da fare, a partire dalla ricostruzione post sisma. Il centrodestra che tipo di proiezioni avrà in termini di consenso?

Non credo che le cose cambieranno. Forza Italia diminuirà ancora il suo peso specifico, ma al momento le tentazioni di connubio con un agglomerato centrista (Italia Viva, Calenda, +Europa e altri frammenti) perderanno attrattiva.

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