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Diari di Andreotti, il vero segreto è che non esistono grandi segreti. Conversazione con Stefano Andreotti

Manager di lungo corso in una multinazionale, Stefano Andreotti si occupa, con la sorella Serena, della catalogazione e del mantenimento della smisurata mole di informazioni, appunti e documenti che il padre, Giulio, ha collezionato nei suoi oltre 50 anni di attività politica. Per i tipi della Solferino, è stato presentato recentemente il volume “Giulio Andreotti, i diari segreti” ed è già andata esaurita la prima edizione.

Un archivio cartaceo, quello di Giulio Andreotti, la gran parte del quale è custodito presso la sede dell’Istituto Don Luigi Sturzo e la restante (i diari) rimane nelle esclusive disponibilità della famiglia. Una massa di “carte” che, messe un foglio sull’altro, supererebbe di 200 metri l’altezza dell’Empire State Building.

Incontro Stefano Andreotti al centro di Roma, nell’elegantissima sala riunioni di un noto studio legale internazionale e mi lascio immergere sin da subito, sull’onda dei ricordi dell’interlocutore, in una storia familiare genuinamente italiana, ma di un’Italia che non c’è più… l’Italia del dopoguerra, quella del boom economico, quella della DC e del PCI ma anche del PSI, PRI, PLI, l’Italia di Totò e di Alberto Sordi, l’Italia di Sivori, di Mike Bongiorno. Una nazione in bianco e nero ma infinitamente più colorata di quella in cui viviamo oggi.

Confesso di non aver preparato alcuna domanda definita, ma ho un’idea ben precisa del perimetro e soprattutto tantissima, sana, genuina e a volte forse anche impertinente, curiosità e quindi mi appresto idealmente a suonare il campanello di ‘Casa Andreotti’.

Immagino che i diari personali di suo padre facessero gola alle intelligence di mezzo mondo. Che effetto avrebbe fatto a quegli 007 sapere che un giorno quei diari segretissimi sarebbero stati disponibili in tutte le librerie d’Italia e per i più pigri addirittura su Amazon, catalogati, decodificati e resi fruibili senza censure ed omissioni?

Non so se gli 007 avrebbero fatto a gara per accaparrarsene, sono certamente scritti in gran parte inediti, la loro esposizione (per ora abbiamo pubblicato gli anni ottanta) è una lettura della storia italiana e ancor più internazionale fatta da un testimone privilegiato e in molti casi protagonista di quei fatti.

Di quali capitoli o argomenti, consiglierebbe particolarmente la lettura? Quali sono, a suo avviso, le parti più interessanti, inedite e le rivelazioni esplosive…

Per gli amanti della storia credo che siano un incontro o in alcuni casi un buon ripasso di cosa accadde in quel periodo. Vengono trattati centinaia e centinaia di fatti e certamente la maggior parte di politica estera. Mio padre amava soprattutto le occasioni e quindi gli incarichi che gli permettevano di oltrepassare i nostri confini per occuparsi praticamente di qualsiasi cosa accadesse nel mondo, in particolare dei conflitti che necessitavano di mediazione di pace per la loro risoluzione. Europa, Africa, Asia Americhe, Ovest, Est lo hanno attratto giorno dopo giorno, le sue testimonianze credo riescano a far luce su tanti episodi, spesso poco o per niente conosciuti o in alcuni casi male riferiti.

In una recente intervista televisiva lei ha dichiarato che suo padre subiva innegabilmente il fascino del Potere ma che non ne considerava minimamente l’esercizio fine a se stesso. Può spiegarci meglio quale fosse il rapporto di suo padre con il Potere?

Certamente mio padre amava il potere e ricoprire gli incarichi che gli venivano affidati, ma il potere non era solo fine a se stesso, era soprattutto lo strumento per realizzare i principi in cui credeva e che lo hanno guidato nella sua vita politica, un credo assoluto nell’interclassismo e nella giustizia sociale che gli derivavano dal profondo credo nella religione cattolica, la fedeltà alla solidarietà atlantica e al progetto di costruzione di una vera unione europea, un modello di democrazia con al centro il parlamento che considerava il cuore della Stato. I posti di potere come detto gli piacevano, ma non erano un’ossessione, nei diari pubblicati ad esempio c’è il rifiuto, negli anni in cui non era al governo, a ricoprire la carica di ministro del Tesoro, offertagli prima da Forlani e poi da Spadolini, perché il suo interesse vero era quello di occuparsi di politica estera.

Una certa letteratura da edicola, e purtroppo anche un certo giornalismo, vorrebbe suo padre al centro di chissà quali cospirazioni, la P2, opachi rapporti internazionali e, ovviamente, ma questa per stessa ammissione, anche le guerre puniche… può invece raccontarci quante volte suo padre si sia trovato nelle condizioni di dover prendere decisioni su questioni cruciali salvando l’Italia dal caos?

Di polemiche ne ha affrontate tante, le prime risalgono addirittura agli anni cinquanta, ma non gli ha mai dato grande importanza né si è mai difeso con querele o comportamenti eclatanti, probabilmente con il senno del poi sbagliando, con la convinzione di avere comunque la coscienza a posto e che il tempo avrebbe poi risistemato comunque le cose. In un’intervista del 1984 Montanelli lo invitava a reagire di fronte all’ennesimo attacco (in quel caso il ricorrente ritornello dei suoi rapporti con Sindona) e in quell’occasione mio padre gli dette a parole ragione, ma nei fatti non cambiò atteggiamento. Certamente oggi qualcuno si approfitta del fatto che mio padre non c’è più e non può quindi ribattere, tirando fuori le più incredibili congetture ma spero che la storia, basata soprattutto sull’esame dei tanti documenti che ha lasciato, quando prenderà il posto della cronaca spiccia, potrà riequilibrare tanti giudizi. Quanto alla seconda domanda in tanti anni di governo come primo ministro o a capo di dicasteri sicuramente si trovò ad affrontare problemi di estrema gravità, crisi economiche devastanti, attacchi del terrorismo alle istituzioni (la tragedia d Moro e degli uomini della sua scorta in primis), tensioni internazionali, dalla lettura dei diari se ne ha un buon campione.

Cossiga, in una delle sue ultime interviste, disse che l’Italia si era arenata negli anni sessanta ed avrebbe continuato a galleggiare ad aeternum. Come prevedeva invece il futuro dell’Italia suo padre?

Non credo che considerasse la nostra Italia una barca ferma, contenta solo di sopravvivere galleggiando, era invece convinto dei grandi progressi fatti dal nostro paese risorto dalla catastrofe della seconda guerra mondiale e divenuto anno dopo anno, pur fra tanti problemi, uno dei primi paesi industrializzati del mondo (negli anni ottanta di cui ci siamo occupati nei diari superò perfino la Gran Bretagna della Thatcher), con un buon livello di occupazione e un buon tenore di vita diffuso largamente, con una riconosciuta visibilità internazionale. Mio padre era certamente fiero di aver potuto dare una mano a quella grande crescita, della quale oggi ci si dimentica spesso, e non era contento invece di un’Italia che, a partire dagli anni novanta, ha imboccato una strada in discesa ben diversa, dalla quale non si vede ancora oggi una prospettiva di risalita.

Qual era invece la sua visione dell’Italia… il progetto nazionale che aveva in testa e verso il quale cercava di orientare il Paese?

Credo che quanto detto sopra risponda già a questa domanda. Sottolineo l’importanza che dava ad un’Italia, partner di una grande Europa, vera unione politica e non solo economica, riconosciuta a livello internazionale come una delle prime attrici.

Come mai lei ed i suoi fratelli non avete intrapreso l’attività politica?

Nessuno di noi quattro fratelli ne ha avuto mai la tentazione. Ciascuno, in campi diversi, ha seguito la propria strada. Nostro padre non ci ha mai incoraggiato a seguire la sua e non ne sarebbe comunque stato contento.

Non sembra che suo padre abbia avuto delfini…

Probabilmente uno dei difetti di mio padre e più in generale della classe politica di allora è stato quello di sentirsi quasi immortali e di non aver troppo incoraggiato le nuove leve.

Chi, a suo modo di vedere, ha raccolto tra i politici di oggi l’eredità politica di suo padre?

Sono talmente cambiati i tempi che è normale che nessuno assomigli a lui.

Qual è il quid che manca ai politici attualmente sulla scena. Cosa manca, secondo lei, oggi in politica che la generazione di suo padre invece aveva?

Le doti che mio padre richiedeva a un politico erano ideali, grande preparazione (quindi dura e faticosa gavetta) e assoluto rispetto dell’avversario, caratteristiche che credo non siano riscontrabili in una classe politica che vuole oggi emergere senza una lunga esperienza alle spalle e che si contraddistingue spesso per un ricorso alla violenza verbale e alla demonizzazione degli altri, senza mai rivelare bene il proprio ideale. Ma come detto i politici di oggi sono figli di tempi profondamente cambiati.

L’occasione mi è ghiotta… mi rivela un segreto che non ha trovato posto nel libro?

Le posso rispondere con una battuta che mio padre spesso ripeteva, ma che battuta lo è fino ad un certo punto: il vero grande segreto è che non esistono grandi segreti. Certamente ci saranno state cose che andavano, soprattutto nel campo internazionale, tenute coperte da riserbo, ma il pensare che mio padre si sia portato dietro inconfessabili verità, senza mai lasciare alcuna traccia, è frutto della grande passione per la dietrologia per la quale credo in Italia siamo campioni del mondo.



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