Adeus Huawei. L’esclusione dalla rete 5G italiana dell’azienda cinese parte dal settore privato. Secondo Reuters e come confermato da fonti dell’azienda, Telecom Italia non avrebbe invitato il gruppo fondato da Ren Zhengfei a partecipare alla gara lanciata nei giorni scorsi per costruire la rete core 5G in Italia e in Brasile.
Con un flash l’agenzia americana spiega che, nella lunga lista dei convocati da Telecom, Huawei è stata esclusa. Ci sono la svedese Ericsson e la finlandese Nokia, le americane Cisco, Mavenir e Affirmed Newtorks (quest’ultima recentemente acquisita da Microsoft).
L’indiscrezione sulla mossa di Telecom Italia, che Huawei per il momento ha preferito non commentare, può cambiare le carte in tavola. L’esclusione dell’azienda cinese accusata di spionaggio dagli Stati Uniti dalla maxi-gara per il 5G anche in Italia segna infatti un cambio di passo significativo per Tim, che con Huawei vanta un sodalizio consolidato in diverse regioni italiane, come Sardegna, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Abruzzo ma anche Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Trentino Alto-Adige.
Il mancato invito alla gara di Tim per la Ran (Radio Access Network) è a tutti gli effetti un colpo di scena. Se dell’esclusione di Nokia si sapeva da tempo, Huawei ed Ericsson erano date per quasi certe dagli addetti ai lavori.
Non è da escludere che alla marcia indietro abbia contribuito un cambio del clima politico. Nella maggioranza di governo si fa strada un fronte, compatto fra le fila del Pd, che chiede di tirare il freno a mano sulla partecipazione di Huawei al 5G, seguendo l’esempio del governo inglese di Boris Johnson, prossimo a una svolta in chiave anti-cinese sulla rete. Durante il Consiglio dei ministri di lunedì notte, ha rivelato Formiche.net, il governo ha peraltro deciso di usare i poteri speciali del golden power sulla fornitura di tecnologia di Huawei a Tim e Windtre.
Ora il passo di Tim può segnare un percorso anche per altri operatori. “Il settore delle telecomunicazioni è stato da sempre quello più attenzionato da parte del governo italiano in relazione a potenziali infiltrazioni di Stati extraeuropei attraverso i dispositivi di telecomunicazione – commenta con Formiche.net Stefano Mele, partner dello Studio Carnelutti e presidente della Commissione cibernetica del Comitato atlantico italiano – Se confermato pertanto il cambio di rotta odierno di Tim sarebbe significativo e confermerebbe una crescente preoccupazione nei confronti di alcune società cinesi nell’ottica della protezione dell’informazioni sensibili e di tutela della sicurezza nazionale”