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Perché (e come) il Pentagono tiene d’occhio i russi in Libia

Mentre si attendono le mosse del decisore politico (semmai arriveranno, visto il delicato periodo pre-elettorale), la partita libica per conto degli Stati Uniti la portano avanti i diplomatici e il Pentagono. Se i primi cercano di mantenere costantemente il contatto con il governo onusiano di Tripoli, e con i suoi partner, i secondi si occupano del lavoro più duro.

L’attenzione è puntata sui russi. Mosca s’è palesata dietro al signore della guerra dell’Est, Khalifa Haftar, prima attraverso uno schieramento informale reso via via più visibile e poi infine marcato con l’invio dalla Siria, a maggio, di un contingente aereo. Mig-29 e Su-24, in totale quattordici unità, dispiegate ad al Jufra, una base haftariana al confine teorico tra Tripolitania e Cirenaica. Questa presenza aerea non serve a sostenere Haftar, quanto a tutelare la sfera di influenza che la Russia vorrebbe costruirsi in Libia.

L’ottica è quella strategica e ambita di un altro avamposto nel Mediterraneo, dopo il porto di Tartus e la base aerea vicino Latakia, entrambi in Siria. Ed è questo che preoccupa gli americani. Il ruolo russo in Libia è considerato un’ingerenza in un teatro in cui gli americani vogliono l’assoluta permanenza della stabilità (visto anche le varie sensibilità geopolitiche, dalla partita energetica del quadrante orientale alle dinamiche terroristiche nell’entroterra nordafricano fino alle bagarre politico-diplomatiche tra Turchia e Francia, e le contese territoriali tra Atene, Nicosia e Ankara, nonché il dossier immigrazione che gli strateghi del Pentagono percepiscono come problematica viva grazie ai contatti con le controparti europee, su tutti gli italiani).

Mosca lungo il fianco sud della Nato è un tema persistente per l’alleanza e i suoi meccanismi strategici. E a tenerlo vivo, seguendo la Libia, ci pensa AfriCom, comando della Difesa Usa che copre l’Africa. C’è una diffusione continua di informazioni sia in via non ufficiale, passate a giornalisti e analisti della regione, sia tramite comunicati che spesso prendono la via più immediata di Twitter. AfriCom ha dimostrato di avere il controllo dell’area pubblicando le foto dei caccia russi in movimento dalla Siria alla Libia. Poi altre immagini satellitari di al Jufra. Foto che mostrano addirittura gli spostamenti dei caccia russi sulla pista, agganciati a mezzi da traino.

AfriCom ha conteggiato anche i contractor della Wagner Group sul campo: si tratta di uomini di una società privata molto vicina al governo russo, usata dal Cremlino per il lavoro sporco. Sono presenti da anni in Libia da almeno tre anni (parte di un accordo che Haftar aveva siglato con il ministro della Difesa russo), ma finora si trattava di poche unità. Poi, intorno a ottobre/novembre dello scorso anno sono stati invitati in numero maggiore. Hanno puntellato il fronte haftariano permettendo un cambio di qualità alle unità del capo miliziano dellEst. Poi sono state ritirate, sganciate dai ruoli attivi e dispiegati in Cirenaica quando le unità del Gna — grazie all’aiuto della Turchia — hanno invertito il senso della guerra e riconquistato il territorio perduto.

I mercenari sono una costante. A fianco ai russi, professionisti della guerra (molti ex Spetsnaz), svariati ciadiani e sudanesi ingaggiati per rinfoltire le linee di Haftar con le sovvenzioni emiratine. Parte poi sono siriani, assadisti addestrati dai russi e mossi in Libia. Bilanciano un contingente ben più folto (2000 uomini, forse di più) che la Turchia ha inviato a sostegno della Tripolitania. E forse dall’estero potrebbero arrivare anche i piloti che guideranno i caccia russi. Secondo l’intelligence militare americana, infatti, ad al Jufra sono in corso programmi di addestramento accelerati per fornire le capacità necessarie ad alcuni egiziani. Gli americani seguono a distanza, voli continui decollano da Sigonella o da Souda Bay per osservare le mosse dei rivali in quella che ormai è una partita globale. La guerra civile libica, come quella siriana, è diventata internazionale.

 

 


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