Il ritiro dagli Stati Uniti dai negoziati sulla digital tax in sede Ocse (raccontato questa mattina su Formiche.net), per quanto temporaneo, ha acceso il dibattito in Europa. L’Unione europea ha ribadito che entro la fine dell’anno, anche senza intesa, i giganti del web verranno tassati dai 27. “Ci rammarichiamo e chiediamo agli Stati Uniti di tornare al tavolo dell’Ocse, la priorità è garantire che tutti, anche i giganti digitali, paghino la loro giusta quota di tasse, ancora di più oggi. Continuiamo a sostenere un approccio ambizioso sulla web tax e siamo pronti a proporre una tassa Ue se le discussioni a livello Ocse si arrestano”, ha dichiarato un portavoce della Commissione. “Profondo rammarico” ha espresso invece il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni. Che ha aggiunto: “Spero che questo sarà un contrattempo temporaneo e non uno stop definitivo”. Ma se non si troverà un’intesa globale quest’anno “siamo stati chiari che andremo avanti con una nuova proposta a livello Ue”
Senza una soluzione condivisa, dice il segretario dell’Ocse Angel Gurria, i Paesi potrebbero agire unilateralmente e questo “darebbe luogo a controversie fiscali e, inevitabilmente, a un aumento delle tensioni commerciali. Una guerra commerciale, soprattutto in questo momento, in cui l’economia mondiale sta attraversando una recessione storica, danneggerebbe ulteriormente l’economia, i posti di lavoro e la fiducia”.
Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha spiegato su Twitter che la posizione dell’Italia “non cambia. Abbiamo sempre sostenuto l’importanza di una soluzione globale e, nonostante l’emergenza Covid19, con Francia, Spagna e UK siamo determinati a continuare a lavorare per una soluzione entro il 2020, come deciso dal G20”. Di “provocazione” ha parlato ai microfoni di France Inter l’omologo francese Bruno Le Maire confermando che in Francia “ci sarà una tassa sui colossi del digitale nel 2020”. “Eravamo a qualche centimetro di un accordo sulla tassazione dei colossi del web”, ha aggiunto sottolineando che i colossi del settore “sono forse gli unici ad aver tratto immensi benefici dall’emergenza coronavirus”.
“Dobbiamo essere pragmatici e considerare che a novembre ci sono le elezioni presidenziali negli Stati Uniti”, spiega a Formiche.net Stefano da Empoli, presidente dell’Istituto per la Competitività (I-Com), think tank focalizzato su innovazione e digitale. “Mi pare abbastanza complicato che si possa raggiungere un accordo soddisfacente anche per l’Europa prima del voto”, dice convinto che nessun presidente statunitense uscente, di qualsiasi colore politico, sarebbe disposto ora a fare regali all’Europa.
Dopo novembre però molto cambierà a prescindere al vincitore, spiega l’economista. “Se venisse rieletto Donald Trump si tornerebbe a negoziare dal giorno dopo e con minori timori da parte sua. In caso di vittoria di Joe Biden, invece, alla Casa Bianca ci sarebbe una persona più incline a trovare un accordo in una sede multilaterale come l’Ocse e anche meno aggressiva, commercialmente parlando, verso l’Europa”.
“Viviamo in un tempo in cui si stanno cercando nuove risorse per far fronte a deficit crescenti”, osserva da Empoli. Che però invita a evitare fughe in avanti: “Non ci sono un’economia digitale e una non digitale. Serve una riforma della tassazione complessiva che, essendo cruciale per la crescita e l’innovazione, non può essere sacrificata per interessi di breve periodo”.