In questi giorni abbiamo potuto osservare l’impatto della piazza, non quale luogo di aggregazione sociale, ma come riferimento principale di manifestazioni pseudo politiche. Avevamo pensato che la piazza virtuale avesse sostituito quella reale, evidentemente così non è stato e non lo è stato per i peggiori motivi. Confesso che non mi sono mai piaciute le piazze per manifestare né quelle di destra, né quelle di sinistra, ma in passato, prima e all’alba della rivoluzione di internet, le piazze hanno indubbiamente svolto una utile funzione sociale.
Pensiamo alle piazze storiche: il funerale di Berlinguer, il comizio sul referendum per l’abrogazione del divorzio a piazza del Popolo, ecc. Comunque, sino all’avvento della c.d. seconda Repubblica non si può certo negare che le manifestazioni in piazza abbiano svolto una genuina funzione politica di democrazia e anche di libertà.
Oggi le piazze sono diventate il luogo dove dar sfogo ai più triviali istinti, dove urlare ossessivamente insulti, spesso non si sa neanche rivolti contro chi. Non un discorso, un ragionamento, ormai neppure uno slogan. Solo urla da megafoni.
Nessuno in Italia ha mai creduto alle cifre stratosferiche che da ogni organizzatore di eventi in piazza venivano di volta in volta fornite. Famose le piazze da un milione di partecipanti, poi a contarle effettivamente non credo che si siano mai superate le 100.000 persone per le iniziative più partecipate. Certi numeri che un tempo facevano impressione ora di fronte al falso plateale fanno solo sorridere.
Anche a voler accantonare la pur legittima preoccupazione di chi è appena uscito (si spera) dalla fase più letale di una devastante pandemia che ha costretto mezzo mondo agli arresti domiciliari per più di due mesi, risalta il dato di poche decine di persone, spesso con apparenti disturbi mentali, che si riuniscono per aggredire chiunque passi loro davanti: poliziotti, giornalisti o anche estranei che si trovino lì per caso.
Perché lo fanno? Perché sanno perfettamente che la sera andranno sui telegiornali e l’indomani ci sarà qualche riga su qualche quotidiano che parlerà di loro. Magari un giornale citerà il nome dello squilibrato di turno, nome che altrimenti resterebbe avvolto nell’oblio.
Ecco, allora, mi chiedo perché i direttori di testate importanti inviino giornalisti e telecamere anche alle più insulse delle manifestazioni? Perché danno loro visibilità? Perché si prestano a questo gioco? Proprio perché non vogliamo impedire a nessuno di manifestare, ci mancherebbe altro, possiamo e dobbiamo chiedere agli organi di informazione di essere un tantino più equilibrati.
Ben comprendiamo che la “politica” del vaffa paga e fa più ascolti rispetto ai noiosi ragionamenti degli intellettuali, ma inseguire sempre l’audience vuol dire gareggiare con lo stupido e così facendo molto spesso si ottiene solo di batterlo sul suo stesso terreno.